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(Italiano) IT SAT “La prima telecamera con connessione satellitare per applicazioni industriali”
The first satellite camera for industrial applications - Intellisystem Technologies

(Italiano) IT SAT “La prima telecamera con connessione satellitare per applicazioni industriali”

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ItSAT è la nuovissima e rivoluzionaria linea di prodotti Hi-Tech sviluppata da Intellisystem Technologies nata da una costante collaborazione tecnico commerciale con i più noti provider satellitari mondiali che consiste in un sistema di video controllo remoto, capace di riprendere e rendere fruibili immagini a colori, anche in termografia, utilizzando una connessione dati via satellite di tipo geostazionario.

I sistemi proposti integrano la tecnologia web Embedded server basata sul sistema operativo Linux garantendone affidabilità, scalabilità e robustezza. Grazie al sistema di trasmissione dati implementato in Itsat è possibile svincolarsi da qualsiasi infrastruttura di rete terrestre sia essa cablata che wireless (ad esempio rete Adsl, Hdsl e cellulare). Il sistema proposto è ideale per tutte quelle applicazioni di video controllo industriale installate in luoghi remoti tipiche del comparto oil&gas.

Articolo pubblicato sulla rivista Automazione Oggi N. 381 (Maggio 2015).

AO Aprile 2015 - Tavola Rotonda Open Source - Intellisystem Technologies

(Italian) Servizi professionali e prodotti Open Source

Servizio professionale e prodotti open source: quale offerta per l’impresa e quali i vantaggi. Ne parliamo con le aziende 

Con Cristian Randieri, president & CEO di Intellisytem Technologies; Andrea Ceiner, group product marketing manager m2m/IoT di Eurotech; Italo Vignoli, presidente onorario di LibreItalia; Danilo Maggi, marketing manager di Red Hat Italy.

Uno tra gli aspetti più interessanti che si sono sviluppati in parallelo (soprattutto grazie) allo sviluppo tecnologico, iniziato più di vent’anni, e la filosofia dell’Open Source. Dal punto di vista dell’utilizzatore finale dei moltissimi e differenti dispositivi tecnologici, probabilmente non sempre e ben chiaro cosa si nasconde dietro a concetti Open Source, Free Software, Creative Commons. Grazie a questa tavola rotonda, coordinata da un ‘non-esperto’ ma partecipata da esperti del mondo open source, vorremo fare chiarezza anche in vista dei prossimi obiettivi che l’innovazione tecnologica ci sta prospettando, primo tra tutti l’Internet of Thing.

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Di seguito riportiamo l’estratto dell’articolo riguardante le risposte date da parte del nostro Presidente e CEO Cristian Randieri

1)  Open Source è sinonimo di libero scambio che, almeno dal punto di vista della definizione, non dovrebbe portare a un guadagno economico diretto da parte di chi lo produce soprattutto quando si tratta di un nuovo progetto. Qual è il punto di vista e come si pone una società che produce e realizza i propri margini proprio sulla commercializzazione diretta o indiretta di questi prodotti?

E’ opinione pressochè comune che il software open source rappresenti il futuro dell’ICT. Purtroppo in Italia intorno all’open source c’è ancora molta diffidenza, dovuta molto probabilmente alla mancanza di una corretta informazione su cosa s’intenda per Open Source e in che modo questi può aiutare un’azienda a crescere. Per approcciarsi correttamente al mondo open source bisognerebbe prima capire cosa s’intende con questo termine. Considerando la definizione data da Wikipedia ‘open source indica un software i cui autori (più precisamente i detentori dei diritti) ne permettono, anzi ne favoriscono il libero studio e l’apporto di modifiche da parte di altri programmatori indipendenti’. Attenzione pero che open source non vuol dire gratis, o almeno non necessariamente ‘open source’. Nel corso degli ultimi anni il mondo delle soluzioni open source ha subito una notevole evoluzione passando dal mondo universitario a quello commerciale sino a rispondere a esigenze di tipo enterprice capaci di affiancare agli storici vantaggi in termini di ‘costi’ e possibilità di sviluppo, anche caratteristiche di robustezza, affidabilità e garanzia di continuità operativa. Anche il ‘modello di business’ del mondo open source si e evoluto, acquisendo regole, definendo processi e modalità di erogazione del servizio. Proprio questo consente oggi alle aziende che operano come integratori o sviluppatori di tali soluzioni di valorizzare il proprio business e proporsi al mercato con un’off erta alternativa attraverso la quale si possono garantire vantaggi con l’utilizzo di tali soluzioni, mantenendo il modello del mondo open source e ottenendo ritorni economici. Una società che basa la propria attività sull’open source sicuramente e in grado di offrire una valida alternativa ai tradizionali sistemi ‘proprietari’, sia per realizzare infrastrutture ICT, sia per implementare applicazioni di business.

2)   In genere si pensa ai prodotti open Source come poco userfriendly o con limitazioni nell’uso al pari di un prodotto commerciale analogo, limitandone l’utilizzo solo ai più esperti; l’evoluzione tecnologica e di conoscenze ha cambiato o sta ampliando il tipo e quindi il numero di utilizzatori?

Negli ultimi anni a livello internazionale le limitazioni d’uso di un prodotto open source rispetto a un prodotto commerciale stanno diminuendo sempre più e in alcuni casi addirittura l’open source riesce a fare molto di più, si pensi ad esempio alla piattaforma Apache-MySql che di fatto oggi copre il 70% del mercato. Non dimentichiamo che la soluzione open source e scelta anche da grandi colossi come ad esempio la tecnologia Java, supportata da IBM, Sun, Oracle, offrendo un esteso patrimonio di framework, librerie e soluzioni. Purtroppo lo scenario nel nostro Paese cambia di molto. Secondo un’indagine Istat in Italia solo il 12,2% imprese adotta tecnologie open source; di cui il 38,7% e rappresentato delle aziende aventi oltre 250 addetti. Quindi assistiamo all’apparente paradosso che il software libero e poco presente proprio nelle piccole-medie imprese che avrebbero i massimi benefici dalla sua introduzione, in primis di carattere economico. Purtroppo alla base di tutto c’è un problema di conoscenza e formazione. Molte di queste piccole realtà non hanno al loro interno competenze informatiche adeguate e ricorrono quasi totalmente a consulenti esterni che per la maggior parte delle volte hanno più interesse a far acquistare pacchetti software chiusi soggetti a licenza. In più le software-house che propongono le soluzioni open source sono poco visibili. Un po’ perchè sono troppo piccole per farsi pubblicità e un po’ perchè spesso quelle più grandi non si propongono come fornitrici di software libero perchè hanno più convenienza a ‘incorporarlo’ nelle loro soluzioni proprietarie. Italo Vignoli: I software open source sono spesso superiori, in termini di funzionalità, rispetto ai loro equivalenti proprietari. Basta pensare al browser Mozilla Firefox, superiore a Internet Explorer; al sistema di posta elettronica Mozilla Thunderbird, superiore a Microsoft Outlook; e al media player VLC, superiore a Windows Media Player. In tutti questi casi, nonostante lo strapotere di Microsoft, i software open source sono molto diffusi, e in alcuni casi hanno quote di mercato più ampie. Certo, in alcuni casi l’interfaccia dei prodotti open source e meno appariscente, in quanto si basa sui principi dell’ergonomia e non su quelli del marketing, per cui c’è la sensazione che sia anche meno efficace, ma tutte le ricerche indipendenti dimostrano che non e vero. Tra l’altro, oggi anche i sistemi operativi open source sono diventati facili da utilizzare anche per gli utenti di base, come nel caso di Ubuntu, che e simile a Windows per caratteristiche e funzionalità ma infinitamente superiore in termini di sicurezza e stabilità.

3)  Open Source può essere inteso come l’opposto del copyright, in qualità di aziende che hanno accumulato anni di esperienze e competenze specifiche nel proprio settore, vedete nella condivisione libera di (alcune) conoscenze una minaccia nel perdere quote a favore dei propri diretti competitor oppure viene vista come una nuova opportunità di crescita per un’evoluzione dei propri prodotti/servizi molto più rapida a favore dei propri clienti?

Indubbiamente l’open source nel tempo ha portato radicali cambiamenti nel mondo dell’informatica. Del resto, come di tutti i prodotti dell’ingegno umano l’evoluzione del software ha bisogno di conoscenza, e più questa e facile da reperire e da riutilizzare, più i prodotti si evolveranno e miglioreranno sulla base dei fallimenti e dei successi precedenti secondo la tecnica base della programmazione definita ‘trial and error’. Sono convinto che senza open source il mondo dell’informatica sarebbe rimasto una semplice moderna disciplina in grado di seguire le medesime regole che governano gli altri settori industriali in cui la conoscenza rimane nelle aziende che lo producono e gli sviluppatori, anche cambiando azienda, non potevano riutilizzare il codice tutelato dal Copyright. Di contro i prodotti open source non sempre rappresentano la panacea per l’utente finale, in quanto essendo sviluppato in modo libero e spesse volte non strutturato si rischia di trovarsi nelle mani un software che risulta essere non più aggiornato o peggio abbandonato. Per far fronte a questo problema sono nate le cosidette community che nella giungla dell’open source provano a dettare regole per garantire l’esistenza e la continuità dei progetti. Un’azienda che decide di lavorare con l’open source affronta diverse sfide quali fare concorrenza ai colossi assumendosi delle responsabilità verso i sui clienti, il tutto a vantaggio di una personalizzazione dei prodotti. Molte aziende startup nascono proprio da progetti open source. Del resto la collaborazione di più parti (in genere libera e spontanea) permette al prodotto finale di raggiungere una complessità notevolmente maggiore di quanto potrebbe ottenere un singolo gruppo di lavoro. L’open source ha tratto grande beneficio da Internet grazie al quale i programmatori geograficamente distanti possono coordinarsi e lavorare allo stesso progetto.

4)  Nel caso si condivida la filosofi a dell’open source, ritenete che oltre a un miglioramento delle caratteristiche dei propri prodotti/servizi si può pensare anche a una reale riduzione dei costi a favore degli utilizzatori finali?

Per quanto riguarda i vantaggi economici derivanti dall’adozione di un software open source la loro entità e variabile. Dipende infatti da quanto lavoro di configurazione e di personalizzazione deve essere fatto sul software-base. Nel caso di programmi che possono essere scaricati gratuitamente e immediatamente installati sul PC (come ad esempio Open Office) il risparmio e sicuramente del 100% in termini di licenze. In tanti altri casi (come ad esempio per le applicazioni lato server) sono richiesti interventi di configurazione e di personalizzazione. Questo e tanto più vero quanto più un programma e verticale, cioè specifico di un certo settore o filiera produttiva. Anche in questo caso si possono constatare risparmi che variano dal 30 al 50% rispetto a un software soggetto a licenza. Ma anche nei casi in cui il lavoro di personalizzazione di un software open source e particolarmente significativo, bisogna sottolineare che una volta personalizzato e installato il programma rimane nel pieno possesso dell’azienda. Questo significa svincolarsi di fatto dal fornitore iniziale.

5)  Nella vostra offerta verso i clienti finali ci sono o state prevedendo prodotti open source? Oppure partecipate attivamente allo sviluppo di soluzioni open source per realizzare i prodotti che poi immettete sul mercato?

Essendo il cuore della nostra azienda basato sull’integrazione dei sistemi, per ovvi motivi troviamo nell’open source un terreno molto fertile che ci permette di personalizzare le nostre soluzioni abbattendo i costi di sviluppo dei relativi software. Grazie all’open source negli ultimi anni il nostro time to market per quanto riguarda i nostri prodotti si è dimezzato. Nel caso specifico utilizziamo il software open source per programmare e personalizzare i nostri sistemi embedded svincolandoci da piattaforme proprietarie.

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Tavola Rotonda – Automazione Oggi N. 380 (Aprile 2015) pubblicato da Michele Santovito.

Per scaricare l’articolo pubblicato sulla rivista seguire il link riportato di seguito http://www.intellisystem.it/portfolio/ao-aprile-2015/

Solar Power Plant News for Americans

During the year 2014 nearly 645,000 American homes and businesses have gone solar. tha’s a great results! But despite solar costs falling 45% since 2010 for residential customers, many low-income homeowners are being left out of the solar surge. Something may change because The White House announced a new partnership with the Department of Energy yesterday that increases the availability of solar power to these Americans.

The National Community Solar Partnership will enable those who rent their homes or don’t have a suitable roof to reap the benefits of solar and receive credit on their utility bills. The partnership, which also includes the Department of Housing and Urban Development, the U.S. Environmental Protection Agency, and the Department of Agriculture will build off of the National Renewable Energy Laboratory’s Guide to Community Shared Solar, which provides a framework for the development of this model for solar deployment in communities, and provide technical assistance to make it easier to install solar. With nearly half of consumers and businesses unable to go solar, community solar’s growth potential is especially important to low-income communities.

In addition to bringing more community solar programs to low-income communities, SunShot is also continuing its focus on workforce development. With the U.S. solar industry seeing a 20% increase in workforce growth in the past two years, SunShot’s workforce training programs will continue to provide the industry with more in-demand workers by training people from low-income communities for new solar careers.

So it’s time to get Solar ???? what do you think about ??

Cristian Randieri, PhD

AO Marzo 2015 Tavola Rotonda Formazione per l'automazione - Intellisystem Technologies

(Italian) Formazione per l’Automazione

Training, aggiornamento, riqualificazione, formazione: facciamo il punto su come si stanno muovendo le aziende di automazione per ‘allenarsi’ e ‘vincere’ sul mercato, domani

Con Cristian Randieri, Ph.D., presidente e CEO di Intellisystem Technologies; Eliana Baruffi, corporate communication manager di ABB Italia e presidente di JA Italia – Junior Achievement;  Ivo Gloder, application engineer and service manager di Mitsubishi Electric Factory Automation; Paolo Colombo, marketing manager di Ansys; Luca Lepore, responsabile del programma Cisco Networking Academy; Fabrizio Conte, CSM country manager Italy di Rockwell Automation; Francesco Sangermani, commercial director di Socomec;  Gianfranco Mereu, responsabile delle relazioni con le scuole e le università della Schneider Electric.

Tutti noi conosciamo il detto latino ‘mens sana in corpore sano’: perchè la mente sia agile e scattante, il corpo non deve essere da meno, deve seguirla e per farlo deve allenarsi. Cosi, seguendo il parallelismo, potremmo parlare di azienda come ‘corpore’ e di individui come ‘mens’, anime dell’azienda. E quest’ultima, proprio come il ‘corpore’ che i romani volevano sempre in forma, deve fare in modo che le ‘sue’ persone, ossia tutti coloro che ne fanno parte e ne rappresentano la ‘mens’, siano aggiornate, informate sulle ultime novità tecnologiche, agili e pronte a cogliere le opportunità che l’innovazione off re, per poter essere essa stessa ‘scattante’, efficiente e ‘vincere’, non tanto sul piano sportivo, ma piùttosto su quello del mercato. E per avere personale ‘in forma’, occorre allenarlo, proprio come le squadre di calcio allenano il loro campioni, investendo in training, formazione continua, corsi di aggiornamento. Soprattutto in questo momento in cui la ‘fabbrica’ si sta trasformando per essere ‘smart’, alla luce di strategie come Industry 4.0, per sfruttare a pieno i vantaggi off erti dall’Internet of Things, dal cloud, dall’interconnessione di cose, processi, persone, e importante si introdurre nuove fi gure, aprirsi ai giovani, collaborare con scuola, università e istituti tecnici per attivare corsi e stage che avvicinino ‘accademia’ e mondo del lavoro, formando diplomati e laureati realmente in grado di inserirsi con profitto in azienda, ma è altresì cruciale aggiornare il personale interno, che oltretutto porta con se la ‘storia’ dell’azienda, l’esperienza. Rendere i lavoratori protagonisti consapevoli del cambiamento e fondamentale per il successo del cambiamento stesso. Vediamo ore come si stanno muovendo su questo fronte alcune aziende del settore.

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Di seguito riportiamo l’estratto dell’articolo riguardante le risposte date da parte del nostro Presidente e CEO Cristian Randieri

1)  Perché un’azienda dovrebbe investire in formazione?

La formazione, soprattutto per un Paese in difficoltà come siamo noi ora, dovrebbe essere imperativa. Cosi come negli anni ‘60, oggi occorrerebbe una spinta da parte dei giovani, che con la loro curiosità e dedizione dovrebbero far riemergere le capacita ‘italiane’. Per questo bisognerebbe intervenire nelle scuole, favorendo l’apprendistato all’interno delle aziende. Lato aziende, oggi esistono strumenti molto efficaci che, grazie alla tecnologia, permettono di assistere a webinar e collegarsi in remoto direttamente alle macchine del cliente per offrire assistenza e formazione. Occorre inoltre puntare sull’innovazione, di prodotto e di processo. Nel primo caso, l’innovazione tecnologica è uno dei fattori determinanti del successo competitivo delle imprese, poichè consente a queste ultime di proteggere i propri profitti grazie a elementi che le rendono uniche, differenziandole. Nel secondo, l’innovazione permette alle imprese di migliorare l’efficienza dei processi di produzione. Occorre quindi investire in innovazione per essere più competitivi ed efficienti e non solo a livello tecnologico, ma anche organizzativo e gestionale.

2)  Il mondo legato alle scuole e agli atenei è spesso visto come incapace di formare giovani che abbiamo competenze qualificanti per entrare nel mondo del lavoro: qual è la vostra esperienza in merito?

Personalmente ho constatato che dopo un breve entusiasmo iniziale i giovani si ‘impigriscono’ e vanno alla ricerca di mansioni routinarie, quando al contrario dovrebbero essere proprio loro il motore trainante delle aziende. Sin dai tempi dei miei studi in ingegneria mi ero accorto che la formazione universitaria che stavo ricevendo non era sufficiente per il lavoro che avrei voluto fare, poichè molte volte era puramente teorica. Ecco, tutto questo continua anche oggi a mancare.

3)  Quanto ‘costa’ all’azienda la formazione dei neoassunti? Quali sono le figure più difficili da formare? La formazione in azienda è comunque imprescindibile?

Il costo per la formazione dei neoassunti è considerevole, poichè tipicamente la loro esperienza è pressochè nulla e si limita al massimo a quella acquisita durante il lavoro di tesi. I costi più grandi si hanno per la certificazione delle persone. Le figure più difficili da trovare sono quelle che dovrebbero lavorare nei dipartimenti di ricerca e sviluppo, poichè in quell’ambito si richiedono figure professionali di un certo livello, che abbiano una forte motivazione e capacità di auto-organizzare il proprio lavoro. Sicuramente la formazione diretta è uno strumento imprescindibile, dato che è l’unica occasione per mettere i giovani di fronte al mondo reale del lavoro. Un ateneo o scuola non potrebbero mai simulare ciò che in realtà avviene in un’azienda.

4)  Ritenete utile stringere accordi o partnership con le scuole (per esempio per stage)? Cosa pensate dell’alternanza studio/ lavoro che in Italia stenta a decollare?

Sicuramente. Scuola/università e lavoro dovrebbero essere in simbiosi. Tutt’oggi cerchiamo di fare in modo che ciò avvenga, infatti molti giovani sviluppano la propria tesi in azienda da noi. Ma ciò non basta, occorrerebbe una vera e propria alternanza studio/lavoro in cui il giovane possa realmente capire per cosa è più portato. Molte volte i giovani alla domanda “Cosa ti piacerebbe fare in azienda?” non sanno rispondere. Il problema più grande è che questo tipo di attività non è affatto agevolata sia nel caso delle aziende (aumento dei costi), sia nel caso degli studenti (meno tempo per studiare)”.

5)  A fronte di temi ‘nuovi’ (cloud computing, Internet of Things, meccatronica, Industry 4.0) ritenete necessario fare formazione internamente, per riqualificare il personale e aggiornarlo?

Assolutamente, facciamo formazione interna, anche con l’ausilio delle moderne tecnologie. Il personale nel nostro caso non è mai ‘riqualificato’, poichè è sempre ‘aggiornato’, semmai aggiunge di anno in anno nuove competenze.

6)  La formazione sta diventando un servizio aggiuntivo da offrire a clienti e utenti finali: quale valore ha nel vostro business?

Nel nostro caso sta diventando una componente crescente, poichè oggigiorno le nuove tecnologie sono davvero tante, oltre a essere ‘bizzarre’ e rivoluzionarie, poichè molte volte si allontanano di molto dai vecchi metodi di lavoro. Intellisystem ha fatto dell’R&S il fulcro attorno al quale ruotano tutte le attività. Per noi l’unico modo di affermarci è quello di innovare, solo così possiamo competere con le aziende più grandi. Per questo i nostri collaboratori sono continuamente aggiornati e preparati per affrontare le nuove sfide tecnologiche e organizzative. Il nostro ‘segreto’ sta nell’acquisire nuove idee a partire dal mondo scientifico.

7)  I clienti vi chiedono formazione sui prodotti che fornite?

Nella maggior parte dei casi si. Dopo una breve seduta formativa occorre affiancare i clienti per qualche giorno, per il resto si lavora telematicamente da remoto.

8)  Quali argomenti ritenete siano più di appeal per gli utenti finali del mondo dell’automazione che chiedono di aggiornarsi?

Ritengo siano davvero tanti, sicuramente quelli che riguardano cloud computing, disaster recovery, data protection, Internet of Things.

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Tavola Rotonda – Automazione Oggi N. 379 (Marzo 2015) a cura di Ilaria De Poli.

Per scaricare l’articolo pubblicato sulla rivista seguire il link riportato di seguito http://www.intellisystem.it/portfolio/ao-marzo-2015/

How to optimize your Information Technology Infrastructure ?

(Italiano) (English) How to optimize your Information Technology Infrastructure?

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Interview to Cristian Randieri PhD, President & CEO. As an IT Engineer many times I asked me this question “How to optimize your Information Technology Infrastructure?”
Doing different research on Internet I found and liked the report “Optimize IT Infrastructure to Maximize Workload Performance” edited by Aberdeen.com. It finds that many organizations today are struggling to understand, manage and optimize their infrastructure to meet the complex and demanding workloads of this new business era. However, this report also reveals the strategies of companies that are leaders in high performing IT infrastructures. By understanding the success factors and the strategies in the full report, it is possible to learn how to achieve the full benefit of an optimized IT infrastructure.

Briefly the key success factors can be summarize in:

1- Take advantage of automated processes by understanding your application delivery infrastructure from end to end.
With visibility across your infrastructure (from storage to servers to networks), it is possible to monitor the overall performance of applications and services. With real-time and automated capabilities, IT organizations can realize the value of their aDDtication and infrastructure investments faster.

2- Adopt and deploy new technologies and trends. 
It is crucial that your IT organizations stay continuously updated (through leading publications and the web) to the last technology trends that are helping to improve the quality of IT infrastructures, such as the last technology about cloud, big data and mobile. With this new technologies transforming it is crucial that organizations take advantage of trends like cloud and big data in order to optimize their service delivery.

3- Improve server and management platforms to boost the entire company. 
Improved uptime, performance and workload management need not end with critical enterprise applications and IT services. All IT services are critical in their own way and Best-in-Class IT shops can ensure that their IT hardware brings benefits across the company.

4- Make IT a full business partner with an IT service centric approach. 
Imitate the leading organizations that ensure for the IT a seat at the management table by converging systems and breaking down the walls between operations, networking, development and the business side. With added focus on performance, reliability and efficiency, leaders gain optimized IT infrastructures that meet end-user needs and boost productivity.

5 – Update your IT infrastructure. 
Today more that on the past no one IT infrastructure can succeed by relying on old and out of date hardware. By taking advantage of the best of modern hardware and management platforms you must optimize your entire business for success.

Thermography for Oil & Gas application -Intellisystem Technologies

Thermography for Oil & Gas application

Thermography plays an important role within the petrochemical, chemical, and power generation industries. With the current global energy crisis, these energy-based industries must continue to meet high volume demands while reducing operational costs and preventing failures. Such failures can lead to losses in production that may result in a domino effect all the way down to the consumer. With our coast guard thermography applications used within the petrochemical and energy sectors we want to show how it is possible to have a continuous monitoring even on the dark or with fog…….

Video demonstration

AO Gennaio-Febbraio 2015 - Il mercato dell'ICT - Intellisystem Technologies

(Italiano) Il mercato dell’ICT

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L’annuale rapporto sull’ICT stilato da Assintel e Nextvalue fotografa un mercato statico e ancora ‘in ritardo’: occorre far ripartire la ‘macchina’ e ‘digitalizzare’ il Paese. Ma vediamo il parere di alcuni esperti del settore

Con Cristian Randieri, Ph.D., president e CEO di Intellisystem Technologies; Andrea Massari, country manager di Avnet Technology Solutions Italia; Filippo Ligresti, country manager di Dell Italia; Edoardo Albizzati, country manager di Exclusive Networks Italy.

L’analisi di un mercato deve partire dai suoi numeri e i dati che citiamo provengono da una fonte autorevole: Assintel (www. assintel.it), l’associazione nazionale delle imprese ICT, che ha recentemente realizzato l’annuale report, in collaborazione con Nextvalue (www.nextvalue.it). Il mercato che ne emerge è statico e la necessità è quella di far ripartire la ‘macchina’ per favorire davvero il Paese in senso digitale. Entrando nello specifi co, il valore del mercato italiano dell’ICT ha raggiunto i 24,3 miliardi di euro nel 2014, crescendo appena dello 0,7% sull’anno precedente. La crescita è visibile solo nei settori più innovativi e connessi alla ‘mutazione digitale’, per esempio il cloud computing. Per esso la spesa è cresciuta in un anno del 22%, risultato della somma della componente classica (+33%) e di quella di ‘business process as a service’ (+13%). L’hardware, per contro, continua a recedere (-1,6%) trascinato dal declino dei PC solo in parte controbilanciato dalla crescita di smartphone (+9,3%) e tablet (+5%). Interessante anche l’analisi della provenienza degli investimenti. Tutti i segmenti di mercato legati alla spesa pubblica in ICT continuano a calare, innescando forti dinamiche di downpricing a svantaggio dei vendor. Nel dettaglio, la spesa della pubblica amministrazione centrale si è contratta del 4,1%, quella degli enti locali del 3,9% e quella della sanità del 3,1%, mentre più contenuti sono stati i ribassi del commercio (-1,65) e dell’industria (-0,2%). In ogni caso, nulla di eccitante se si attendono segnali di ripresa dell’economia. Chi sembra invece tornare a investire sono i tradizionali ‘big spender’: le banche con un +3,2%, le assicurazioni (+3,1), le telecomunicazioni (+3,3%) e le utility (+4,4%). In lieve ripresa anche gli investimenti in ICT delle grandi aziende (+0,8%), mentre restano negativi quelli di piccole (-3,4%) e micro imprese (-2,3%). Una rifl essione è d’obbligo… Incrementare il mercato dell’ICT per crescere nel ventunesimo secolo è obbligatorio, ma è evidente la carenza culturale. Il nostro Paese ha realizzato il boom del dopoguerra basandosi sulla lotta all’analfabetismo. Un segno di sviluppo di quei tempi fu la trasmissione televisiva “Non è mai troppo tardi” con il Maestro Manzi. Oggi noi abbiamo bisogno del ‘Maestro Manzi digitale’, per far capire a quella buona metà del Paese che ‘non è mai troppo tardi’ per digitalizzarsi. Investire nella cultura digitale (e in parallelo nella digitalizzazione dei servizi della PA) signifi – cherebbe non soltanto rivitalizzare un mercato, ma anche contribuire all’emancipazione (digitale) del Paese. Abbiamo voluto coinvolgere primari attori del mercato ICT ponendo loro qualche domanda che toccasse un po’ tutti gli aspetti più attuali e prospettici del mercato. A loro la parola, con la certezza che anche loro sono convinti che “Non è mai troppo tardi”.

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Di seguito riportiamo l’estratto dell’articolo riguardante le risposte date da parte del nostro Presidente e CEO Cristian Randieri

1)  L’accordo IBM-Apple sembra rivoluzionare il mondo del ‘mobile’ dedicato all’industria. Come vede l’evoluzione del manifatturiero verso il mondo iOS? La collaborazione tra questi due ‘giganti’ rappresenta un pericolo o un’opportunità?

L’accordo IBM-Apple nasce dalle mutue esigenze di espandere i rispettivi mercati. Poiché ognuna delle due aziende non invade il mercato dell’altra, un’alleanza era più che prevedibile. Dalla letteratura ufficiale sull’accordo si evince l’offerta di decine di soluzioni business specifiche per settore, app native, servizi cloud, una nuova offerta di assistenza e supporto su misura per le esigenze dei clienti business. Mi sembra che sia un tentativo di dominare il mercato della mobilità aziendale attraverso la creazione di un player tecnologico di riferimento. Credo che l’attenzione dei dipartimenti IT si stia spostando sempre più dai device alle app, data una marcata standardizzazione dei device stessi. Vedo come principale il problema dell’integrazione dei device e app mobili con l’infrastruttura aziendale e il parco applicativo già esistente. Detto questo, mi sembra che l’unione, in definitiva, sia un vantaggio reciproco per i due colossi, anche nell’ottica di una maggiore adozione di politiche Byod (Bring your own device) e data anche la diffusione di apparecchi Apple. Fatte queste premesse per le aziende come la mia penso si profilino due opzioni. La prima è quella di accettare l’alleanza ampliando la propria offerta e, ove possibile, integrandosi con le loro soluzioni. La seconda è quella di continuare per la propria strada rischiando di perdere sempre più quote di mercato. In conclusione, penso che la soluzione migliore sia una via di mezzo, ovvero sfruttare il loro canale specializzandosi in applicativi e hardware che siano progettati in modo verticale sui loro device e applicativi. Certamente è più facile a dirsi che a farsi. Occorrono investimenti per poter lavorare con le nuove piattaforme e i relativi standard, che di fatto sono proprietari. A ben vedere ci sarebbe anche l’opzione dell’attesa delle contromosse della concorrenza di IBM e Apple. Com’è noto la competizione porta vantaggi al mercato.

2)  Il cloud si fa sempre più strada nell’industria, oltre che nel privato. Oggi lo storage nella ‘nuvola’ porta a una rivoluzione dell’organizzazione lavorativa e dei modelli di business. È lampante però il problema della sicurezza. La sua azienda come vede questo problema? Pensa che le decisioni relative alla sicurezza informatica del cloud siano appannaggio del settore IT o che le business line operative debbano avere voce in capitolo?

Nonostante il cloud computing sia oggi parte integrante della vita digitale di quasi tutti gli utenti della rete, è la sicurezza l’argomento che ne fa dibattere l’utilizzo, soprattutto in azienda. Dai dati di F-Secure, emersi nella ricerca “Digital Company Survey 2013”, si evince che la sicurezza dei dati resta la preoccupazione principale che ostacola l’adozione di questi servizi da parte delle aziende. Il 45% delle realtà intervistate non usa il cloud per motivi di sicurezza. Sono le imprese con dai 50 ai 500 dipendenti le più scettiche nell’adozione delle tecnologie cloud, ritenute anche costose e poco performanti. Secondo il mio parere, il cloud computing è tutt’altro che insicuro, a condizione di studiare attentamente la soluzione da adottare. Il rischio più grande non è propriamente intrinseco all’offerta delle soluzioni cloud aziendali, ma deriva dal fatto che le aziende non sono capaci di fornire ai propri dipendenti un servizio online semplice e chiaro. Il dipendente non supportato nelle nuove tecnologie finirà per utilizzare il proprio account e le applicazioni personali al di fuori del controllo aziendale. Sicuramente questo rappresenta un rischio ben maggiore per la sicurezza dei dati. In conclusione, penso sia opportuna un’attenta e mirata opera di formazione in merito alla scelta e all’utilizzo del cloud in azienda.

3)  I ‘Big Data’ sono un argomento di grande attualità. Qual è la sua visione in merito? Quali sono le nuove frontiere analitiche di questa ‘miniera’? Come potrebbero gli advanced analytics influenzare il mercato dell’automazione e il mondo della produzione industriale?

Le sfide che si affrontano con i Big Data sono varie, ma forse la più importante è la comprensione del significato che essi possono assumere per le aziende. Essi consentono una visione illimitata di ciò che potrebbe essere il futuro. L’adozione a livello aziendale esige che la soluzione dei Big Data possa adeguarsi senza problemi alla struttura IT già esistente. I dati macchina ottenuti costituiscono la più recente e copiosa fonte di informazione. Per ottenere i vantaggi della Internet of Things sono essenziali un’estrema scalabilità, una gestione degli eventi in tempo reale e un abbassamento del time-to-vision. L’utilizzo e l’analisi dei Big Data consente alle aziende di creare e applicare modelli predittivi per raggiungere rapidamente gli obiettivi di performance aziendali prefissati. Concretamente, nel caso del mercato dell’automazione, si potrebbe immaginare un mondo in cui i sistemi intelligenti, Internet of Things, sensori e robotica si combinino per automatizzare le grandi aree di produzione, davvero lo ‘smart manufacturing’. Realizzare tutte le potenzialità della produzione con l’utilizzo dei Big Data è, al momento, qualcosa di davvero avveniristico. Dipendere dai Big Data potrebbe rappresentare la quarta rivoluzione industriale.

4)  La stampa 3D è una nuova frontiera dell’ICT che impatta direttamente sulla produzione. Che futuro vede per questa tecnologia?

Le potenzialità delle nuove tecnologie basate sulla stampa 3D sono sempre più al centro dell’attenzione di produttori e consumatori accompagnate da previsioni di molti venture capitaliste di società di ricerche. Si è provato a stimare, anche in termini economici, quale sarà il futuro della stampa 3D. Canalys, per esempio, prevede che il mercato globale della stampa 3D crescerà da 2,5 miliardi di dollari nel 2013 a 16,2 miliardi entro il 2018. È chiaramente troppo presto per sostenere che la manifattura additiva avrà la forza per sostituire i tradizionali processi produttivi. Sicuramente esistono vantaggi per grandi e piccole aziende: macchinari meno costosi, sostegno alla competitività di aziende artigiane iperspecializzate, condivisione di processi di design (crowd-design) e di ricerca di servizi (crowd-sourcing), allargamento della competizione anche alle piccole aziende, diffusione di un modello di lavorazione e commerciale digitale (si vendono file di lavorazione). Sono convinto che la stampa 3D avrà un notevole impatto sull’accorciamento delle supply-chain. Stampare in tre dimensioni i dati contenuti in un file di progettazione ha implicazioni importanti sulle logiche degli attuali sistemi di gestione logistica. È ipotizzabile che le grandi fabbriche possano essere sostituite da laboratori eco-sostenibili per la produzione di serie limitate e personalizzate di piccoli manufatti. La stampa 3D permette inoltre l’utilizzo di materiali innovativi e geometrie produttive molto complesse non riproducibili con lo stesso livello di precisione in un processo di assemblaggio.

5)  Parliamo di Agenda Digitale. Il problema infrastrutturale in Italia è ancora irrisolto. Diventi per un secondo il Presidente del Consiglio: qual è la sua ricetta per invertire il trend e avviare lo sviluppo digitale dando corpo e respiro non solo al mercato ICT, ma a tutto il mondo produttivo del Paese?

Il tema dell’Agenda Digitale è davvero da ‘allarme rosso’. La sua implementazione doveva essere una delle principali leve per lo sviluppo e la modernizzazione del Paese. Avrebbe dovuto consentire all’Italia il recupero del gap che da anni la separa dalle nazioni più virtuose nell’adozione dell’ICT. Purtroppo l’innovazione è frenata dalla burocrazia e sono impressionanti i ritardi accumulati dal Governo nell’adozione dei provvedimenti attuativi. Alla PA è impedita la transizione al digitale, i cittadini e le imprese non hanno a disposizione strumenti per un rapporto telematico con la PA, le imprese dell’ICT non possono investire per una cronica incertezza su standard e regole tecniche. Il ritardo nell’attuazione dell’Agenda Digitale è riconducibile anche all’evidente scarsa importanza che questi temi rivestono per il Governo. Dunque la mia ricetta: non servono nuove norme, bisogna applicare, presto e bene, quelle che ci sono già. Realizzare l’Agenda Digitale dovrebbe significare riorganizzare integralmente le PA, per ridurne i costi e per trasformarle da freno all’economia a strumento di promozione dello sviluppo. Operare a livello culturale sugli utilizzatori, imprese o cittadini che siano, per creare il giusto bacino d’utenza dei servizi che in parallelo devono essere messi a disposizione. Occorre creare dei tavoli di lavoro su progetti quadro da suddividere in sottogruppi operativi. La mia idea è quella di strutturare una governance informata e partecipata, di creare un luogo di riferimento per i funzionari della PA, soprattutto locale, che vogliano esporre i loro progetti e trovare modelli strutturali adeguati alle loro esigenze. Occorre rivoluzionare il metodo di lavoro finora applicato, serve innanzitutto definire un sistema di misurazione dei risultati dell’Agenda Digitale per poi individuare gli obiettivi e con essi la strategia globale da adottare. Si tratta di un metodo che avrebbe misuratori qualitativi e quantitativi in base ai quali elaborare le scelte più adeguate per il Paese.

Tavola Rotonda – Automazione Oggi N. 378 (Gennaio/Febbraio 2015) a cura di Vitaliano Vitale.

Per scaricare l’articolo pubblicato sulla rivista seguire il link riportato di seguito  http://www.intellisystem.it/portfolio/ao-gennaiofebbraio-2015-1/

Scada Gesture User Interface a New Revolutionary SCADA HMI interface - Intellisystem - Randieri

(Italian) Scada Gesture User Interface (SGUI): a New Revolutionary SCADA HMI interface

Intellisystem Technologies nel corso del 2014 ha effettuato un notevole investimento nella ricerca e sviluppo di nuove soluzioni nel campo della tecnologia Natural User Interface (NUI). In particolare nel corso del 2015 verrà rilasciata la prima soluzione hardware/software che permetterà di trasformare qualsiasi superficie video che proietti immagini di applicativi Scada per l’automazione industriale in un moderno sistema touchscreen interattivo denominato Scada Gesture User Interface (SGUI). La nuova tecnologia permetterà agli operatori delle varie control room di comandare software Scada semplicemente con la gestualità delle mani senza ricorrere a tastiere, mouse o dispositivi touchscreen. La soluzione proposta si presenta come valida alternativa alle soluzioni touchscreen attualmente adoperate con l’inevitabile vantaggio di una maggiore comodità unita a una riduzione dei costi.

A cura di Cristian Randieri. Articolo pubblicato sulla rivista Automazione Oggi N. 378 – Gennaio/Febbraio 2015.

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