I figli di Archimede N. 2 – Luglio/Agosto 2018

I figli di Archimede Luglio/Agosto 2018

Green Energy

Intervista a Cristian Randieri

Il continuo ed inesorabile peggioramento delle condizioni ambientali del nostro pianeta è un indicatore palese che in questo momento l’umanità non è in condizione di avviare una politica atta ad invertire le attuali tendenze. Nonostante vi sia una provata consapevolezza e conoscenza scientifica delle modalità con cui l’essere umano modifica l’ambiente e su come tutto ciò comporti effetti negativi, disastrosi, immediati e duraturi, alla sua salute, nonostante vi siano tutti gli strumenti tecnici necessari per modificarne le cause, rimane un dato di fatto che i vari ambiti in cui i cicli virtuosi delle rinnovabili e dello sviluppo sostenibile non sono completamente ancora parte del tessuto sociale e della consapevolezza del singolo.

Oggi il termine sostenibilità è divenuto parte del linguaggio comune

Cosa resterà del paesaggio che ci ha caratterizzato? Come pensate possa convivere il passato con il futuro, nei vari ambiti in cui i cicli virtuosi delle rinnovabili e dello sviluppo sostenibile non sono completamente ancora parte del tessuto sociale e della consapevolezza del singolo?

Purtroppo facendo un bilancio di quanto fatto in questa direzione negli ultimi decenni nei vari stati industrializzati, e dalle organizzazioni internazionali in cui si affronta il problema della sostenibilità, è facile giungere alla conclusione che il modello sinora adottato è stato capace di peggiorare in maniera significativa la situazione. Questo perché nel tempo i vari operatori, per mistificare le proprie azioni e presentarle come ambientalmente qualificate, hanno volutamente generato una grande confusione terminologica che ha portato alla rarefazione del termine stesso. Tutto questo è ampiamente dimostrato dalla parzialità dei successi raggiunti che presentano carattere di specificità e località, contribuendo a dimostrare da un lato che altri percorsi sono perseguibili, e dall’altro che pur avendone le capacità non sono diffusamente perseguiti. Tale confusione si riversa sull’intero tessuto sociale e si rispecchia nelle modalità con cui si attribuisce ai vari progetti il termine sostenibile o ambientale evidenziando come la cultura di questo modello non sia ancora universalmente riconosciuta. Da tutto ciò scaturisce la cattiva coscienza di sapere perfettamente che un percorso di sostenibilità cambia profondamente la struttura culturale, sociale e produttiva di una società e di non volerla assolutamente cambiare anche a rischio della salute di tutta la popolazione mondiale. La sostenibilità non è compatibile con questo modello, è alternativa e parla un linguaggio diverso. La via che porta ad una maggiore consapevolezza del singolo individuo in termini di cicli virtuosi delle rinnovabili e dello sviluppo sostenibile purtroppo si contrappone al concetto di crescita, ed implica una riduzione delle quantità, la ridistribuzione delle ricchezze per permettere un più equo miglioramento del benessere dell’individuo, l’eliminazione degli sprechi intesi come ragione della rincorsa all’arricchimento, di contro va aumentata l’autonomia e la consapevolezza delle comunità coinvolte. Per bloccare il continuo peggioramento delle condizioni del pianeta, non sono sufficienti gli stentati passi fatti dai vari governi, è necessario avviare un processo diffuso di riqualificazione e conservazione ambientale che limiti gli interessi di quelli che sono i promotori di questo modello, che riduca i profitti, che modifichi la cultura in modo da favorire la difesa di piccoli vantaggi di una società dannosa per l’ambiente e nociva per gli uomini. Tutto questo è perseguibile solo a fronte di un’acquisizione di comportamenti sia individuali che collettivi che consentano di uscire dalla quotidianità, dall’asservimento ad abitudini incongrue, dall’autoritarismo delle decisioni, dal decisionismo dei poteri economici.

Favorire ed intensificare le relazioni dirette tra individui e risorse locali sono le parole d’ordine per riequilibrare il rapporto tra popolazione e ambiente

Purtroppo gli individui ancora oggi non hanno consapevolezza degli effetti negativi che i loro comportamenti producono in altri luoghi; né comprendono l’importanza della gestione corretta delle risorse che hanno a disposizione nel loro territorio. Per ricomporre tali relazioni occorre sostenere le economie locali, svincolandole dal mercato globale, dando un sempre più ampio spazio per far emergere le capacità tecniche e creative dei singoli individui. Il luogo sociale in cui ciò può avvenire sono le comunità di individui, siano esse geografiche o a-geografiche, autogestite, che devono essere rese capaci di gestire direttamente, concordemente e sostenibilmente le risorse e l’ambiente.

L’ordinamento giuridico ha sviluppato e messo a punto un apparato normativo su efficienza energetica, bio-edilizia ecc. Ma il cambiamento è ancora lontano. Quali sono gli altri passi da compiere?

Un’ambiziosa strategia di miglioramento energetico del patrimonio immobiliare nazionale è necessaria per il perseguimento dei molteplici obiettivi in termini di efficienza energetica che sono sempre più determinanti per il Paese. Qualche passo in avanti è stato fatto grazie alla messa a punto della nuova Strategia Energetica Nazionale (SEN), le cui linee sono state presentate recentemente dai Ministri dello Sviluppo economico e dell’Ambiente, che riconoscendo il ruolo centrale dell’efficienza energetica punta sull’esigenza di migliorare i meccanismi di incentivazione. Se da un lato ancora oggi la domanda di riqualificazioni “profonde” è ancora molto scarsa, purtroppo assistiamo a delle prassi elusive molto diffuse che di fatto trascurano l’efficienza energetica in occasione degli interventi di manutenzione degli immobili. La consapevolezza dei vantaggi da parte dell’utente finale è ancora insufficiente, occorre pertanto agire energicamente facendo leva sull’ottimizzazione dei meccanismi di stimolo.

Qualche passo in avanti è stato fatto grazie alla messa a punto della nuova Strategia Energetica Nazionale (SEN).

Esistono ancora diverse gravi limitazioni che impediscono la promozione efficace degli interventi integrati e maggiormente ambiziosi, a discapito di una maggiore sinergia tra gli incentivi e gli strumenti di finanziamento più efficienti. Nel nostro Paese l’attività edilizia rappresenta, da sempre, un driver preferenziale per il rilancio dell’economia.

I nuovi incentivi a favore della riqualificazione energetica profonda (deep renovation) e del miglioramento strutturale degli immobili introducono nuovi elementi utili per superare i limiti del vecchio sistema di detrazioni fiscali, ma purtroppo ancora ancora non si mostrano sufficienti a garantire una vasta diffusione del concetto di deep renovation, capace di modificare, nel lungo periodo, lo scenario della bio-edilizia.

Agendo sul potenziamento dei nuovi meccanismi di incentivazione, finalizzati alla promozione degli interventi più virtuosi ed al loro finanziamento, permetterebbe di ottenere uno strumento di sviluppo svincolato dai lunghi tempi della pianificazione delle opere pubbliche capace di combinare la sua propulsione espansiva con gli importanti vantaggi sociali, economici e ambientali che derivano dal particolare tipo di operazioni coinvolte.

La modalità di produzione della green energy prevede un approccio su scale più piccole preferendo reti di produzione distribuite e basate sulla microgenerazione e co-generazione. Ma sarà sufficiente al fabbisogno energetico di tanta popolazione?

I grandi impianti di produzione energetica, anche se basano la loro produzione da fonti rinnovabili, di fatto ne concentrano la produzione, e di conseguenza il profitto, causando un esproprio verso la relativa comunità locale dalla gestione. Oltre a creare un vero e proprio monopolio e la relativa definizione dei prezzi, implicano un’enorme spreco di energia che va persa nelle fasi di distribuzione e sovrapproduzione. L’utilizzo di impianti locali, anche a carattere individuale quali ad esempio i mini-idro, mini eolico, biomasse etc. rendono possibile non solo la riduzione degli impatti ambientali, il controllo degli impianti, ma favoriscono la gestione diretta dei costi e dei consumi da parte delle comunità locali fornendogli una maggiore autonomia e libertà d’azione.

La produzione energetica da impianti cogenerativi di grande taglia purtroppo viene sfruttata in modo efficiente solo da utenze industriali e grandi consumatori.

Oggi quando parliamo di riduzione dell’inquinamento ambientale, spesso ci riferiamo a metodi di produzione energetica che sin della produzione, riducano o eliminino del tutto le emissioni inquinanti o dannose. È più che ovvio che questa strada debba essere intrapresa al più presto, perché indispensabile, ma occorre sempre tenere in mente l’importanza del concetto di efficienza energetica, non soltanto in ambito produttivo, ma anche in termini di consumi e utilizzo dell’energia, come intervento fondamentale per l’abbattimento dell’inquinamento. Spostandosi verso un utilizzo ed un consumo più accorto, ovvero eliminando gli sprechi, si riuscirà anche ad ottenere una drastica riduzione dei costi compatibilmente con una minore necessità di energia. In ogni caso il fabbisogno energetico mondiale è destinato a crescere enormemente con il passare degli anni e la sfida sarà proprio quella di riuscire a progettare modalità di produzione e fornitura energetiche sempre più efficienti combinate con un uso dell’energia sempre più accorto. È proprio in quest’ottica di risparmio che si inserisce il concetto di cogenerazione e micro generazione, da progettare e diffondere con l’obbiettivo di arrivare ad un miglior sfruttamento dell’energia contenuta nel combustibile, capace di eliminare gli sprechi energetici a partire dalla produzione. Nel nostro Paese la produzione combinata di energia elettrica e calore costituisce già un’opzione produttiva ben consolidata in molti siti industriali offrendo ottime prospettive di sviluppo che possono puntare ad assumere un peso sempre più rilevante in termini percentuali nella produzione energetica nazionale. Questo fatto è essenzialmente dovuto alla modalità di funzionamento di questi impianti che garantiscono la massima efficienza a patto che sia garantito un funzionamento delle macchine a regime, ovvero a velocità costante.

Quando l’energia richiesta dall’utente è molto variabile rispetto a quella producibile dalla macchina nel funzionamento nominale, il cogeneratore sarà portato a lavorare in condizioni diverse da quelle di regime causando una riduzione del rendimento della macchina tanto più evidente quanto più ci si discosterà dalle condizioni nominali. La grande cogenerazione a causa di questo limite risulta poco indicata per soddisfare la richiesta del settore residenziale e terziario, caratterizzata da una forte variabilità dei consumi, a cui bisogna anche aggiungere le oggettive difficoltà e i costi elevati nel realizzare reti di distribuzione del calore sufficientemente estese. Per far fronte a questa problematica, si deve passare da un’ottica di generazione centralizzata (grandi impianti caratterizzati da lunghe e costose reti di distribuzione) alla generazione distribuita. Da qui nasce il concetto di micro cogenerazione, costituita da micro impianti ubicati presso le utenze, anche domestiche, in grado di portare al conseguimento dell’indipendenza energetica, grazie all’autoproduzione sia di energia elettrica che di energia termica. Affinché tali impianti possano essere sufficiente al fabbisogno energetico nazionale occorre investire in tutti quei processi che coinvolgono l’automazione della rete di distribuzione che deve essere capace di far fronte ai continui cambiamenti di una rete a natura dinamica e puntiforme.

 

I grandi impianti centralizzati potranno mai essere soppiantati?

Un utilizzo più razionale dell’energia, il controllo del suo impatto ambientale, ed il tentativo di rendere il nostro Paese energeticamente indipendente sono esigenze oggi all’ordine del giorno, per soddisfare le quali è doveroso applicare le tecnologie a nostra disposizione che consentono la produzione decentralizzata di energia da fonti locali avvalendoci del concetto di generazione distribuita. Va da sé che nel caso dell’utilizzo domestico le due forme di energia più importanti sono elettricità e calore: il sistema di approvvigionamento energetico classico prevede che queste forme di energia vengano prodotte e distribuite in modo distinto e centralizzato, mentre il sistema basato sulla generazione distribuita produce elettricità e calore direttamente in loco, azzerando di fatto le grosse perdite di energia dovute alla generazione centralizzata di elettricità, evitando pertanto le perdite di trasmissione, il tutto a favore di un aumentando dell’efficienza netta sull’energia primaria utilizzata.  Si stima che con una media di quasi 750mila micro cogeneratori venduti all’anno, la micro cogenerazione domestica in Italia nel 2030 farà da padrona. Considerando l’attuale panorama italiano, emerge un trend timidamente interessante che grazie alle considerevoli percentuali di risparmio di combustibile che questo sistema è in grado di garantire (stimate attorno il 27%), ha fatto sì che a partire dal 2004 il nostro paese abbia assistito ad una costante diffusione degli impianti installati, che purtroppo a partire dal 2008 si è arrestata a causa della crisi economica che in parte tuttora ci coinvolge.

Al momento attuale è molto difficile riuscire ad ipotizzare la totale estinzione dei grandi impianti centralizzati per tutti i motivi appena elencati, però essere fiduciosi nelle nuove tecnologie è d’obbligo.

Nel caso della cogenerazione questo tipo di sistema di generazione del calore non ha avuto ancora ampia diffusione perché, nel conteggio dei costi il prezzo dell’energia è un fattore limitante e pertanto determinante. Nel nostro Paese purtroppo i prezzi sono ancora in media più alti rispetto a quelli europei di circa il 20%. Questo fenomeno rappresenta una forte limitazione verso i nuovi investimenti in cogenerazione, anche se il prezzo dell’elettricità è ancora circa tre volte quello del gas, limite ritenuto ancora sufficientemente accettabile se si considerano gli incentivi e gli sgravi fiscali che riguardano la produzione di energia elettrica in regime di cogenerazione. Altro fattore scoraggiante è rappresentato dal tempo di ritorno degli investimenti (ROI – Return of Investment) valutato tra i 5-6 anni nel caso di applicazioni industriali non incentivate dallo stato, e circa 4 anni nel caso in cui si possa usufruire degli incentivi. Quest’ultimo caso inizia ad essere sufficientemente appetibile per gli investitori che intendano investire in installazioni industriali riferite in particolare ad impianti che superino i 10 MW. Purtroppo lo stesso concetto non si può applicare al caso della micro-nano cogenerazione domestica in cui ai costi d’investimento si sommano i costi manutentivi tuttora troppo alti. In altre parole la micro cogenerazione residenziale da fonti rinnovabili è ancora oggi economicamente poco conveniente, mentre va leggermente meglio nel caso della piccola-media cogenerazione. Se ancora oggi non abbiamo assistito a un vero e proprio boom della cogenerazione, le cause vanno ricercate da un lato in una scarsa conoscenza della tecnologia e della consapevolezza sui benefici ambientali sia da parte del consumatore che degli investitori economici e forze politiche, e dall’altro gli elevati prezzi dell’energia che disincentivano l’installazione di nuovi impianti. Ad esempio una delle soluzioni più performanti in termini di efficienza netta e impatto ambientale per la cogenerazione a piccole taglie su cui scommettere in un prossimo futuro è quella che prevede l’utilizzo delle pile a combustibile (Fuel Cells): dispositivi elettrochimici capaci di convertire il gas di rete direttamente in elettricità e calore, senza l’utilizzo di processi di combustione o di parti in movimento. 

Una delle soluzioni più performanti su cui scommettere sarà la pila a combustibile.

L’enorme potenziale di quest’applicazione sta nel fatto che sia l’elettricità che il calore necessari per una famiglia possano essere prodotti in casa da un’unica materia prima, quale il gas di rete, GPL e biogas. In questo modo l’utente finale diventa anche produttore, facendo sì che ogni abitazione si trasformi in una micro-centrale, dove l’elettricità prodotta va immessa in rete e il calore viene accumulato e utilizzato per riscaldamento ed acqua calda sanitaria. La ricerca in questo ambito si sta concentrando sull’ottimizzazione delle prestazioni e dell’integrazione nel sistema e sullo sviluppo di nuove celle denominate SOFC (celle ad ossidi solidi) capaci di resistere sia alle possibili impurezze presenti nei gas d’alimentazione, sia ai cicli di accensione e spegnimento. Tutti elementi che fanno ben sperare non solo l’abbattimento dei costi di produzione ma anche l’aumento della vita utile della pila a combustibile.

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Articolo pubblicato su I Figli di Archimede N. 2 – Luglio/Agosto 2018

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