Come difendersi dai droni
Sono tecnologicamente avanzati, ma hanno anche un lato oscuro che molti sottovalutano: i droni possono essere impiegati per violare la privacy altrui o commettere reati. Ecco come difendersi da queste insidie nascoste.
I droni, anche conosciuti come UAV, sono velivoli senza un pilota umano a bordo. Nati negli ultimi anni come arma tattica militare, i droni trovano oggi innumerevoli applicazioni nel campo industriale e civile: dall’aerofotogrammetria fino all’analisi termica di impianti industriali e alla vigilanza di sicurezza. Il loro volo è controllato da un pilota a terra mediante un controller remoto. Vi è un’ampia varietà di forme, dimensioni, configurazioni e caratteristiche di un drone; ma tutti vengono pilotati mediante segnali in radiofrequenza. Il mercato mondiale degli UAV cresce vertiginosamente ogni giorno, infatti, appaiono nel mercato nuovi modelli a favore della loro riduzione di costo tanto che oggi è possibile comprare un drone al costo di uno smartphone controllandone il volo mediante una semplice app. Di fatto i droni commerciali sono facili da reperire, facili da pilotare, possono essere facilmente adattati per trasportare pesi (e quindi dispositivi elettronici) volando ad un’altitudine estremamente bassa. Sicuramente un incubo per tutti coloro che sino ad oggi avevano inteso la protezione dello spazio aereo come un compito da condurre attraverso operazioni militari che prevedano il lancio di missili intercettori. La diffusione costante e continua dei droni può essere vista come una cosa positiva. C’è però da tener presente che in alcuni casi un loro utilizzo improprio può creare dei problemi. Non tutti infatti sono disposti ad avere oggetti volanti sopra le proprie teste, o sopra le proprietà private, oggetti pilotati da sconosciuti e oggi in grado di effettuare riprese video. A rigore di cronaca, ricordiamo come già nel 2013, durante un comizio, la cancelliera Angela Merkel si sia trovata a tu per tu con un drone non autorizzato atterrato a pochissimi metri dal palco. In quel caso il drone montava a bordo solamente una telecamera, ma la sua presenza ha colto tutti di sorpresa destando molto stupore e un’allerta da parte del personale addetto alla sicurezza. Più recentemente a Washington D.C. addirittura un appassionato di droni è riuscito a farne atterrare uno all’interno dei giardini della Casa Bianca, scatenando ovviamente innumerevoli reazioni dei servizi segreti. Il cattivo utilizzo dei droni commerciali ha sollevato grandi preoccupazioni anche sulla privacy delle persone più comuni in quanto la maggior parte di questi sono dotati di telecamere che possono invadere la privacy dei cittadini, scattando foto e video di persone e proprietà. Ma non solo, i droni sono sempre più usati per scopi criminali quali ad esempio il contrabbando, gli attentati terroristici e per raccogliere informazioni su qualsiasi luogo o persona si desideri. Tutto ciò sta creando anche problemi di carattere legale ed, in alcuni casi, è anche sfociato in eventi violenti.

“LA MINACCIA RAPPRESENTATA DA QUESTI PICCOLI VELIVOLI APPARENTEMENTE INNOCUI STA CRESCENDO, FACENDO SCOPRIRE ALLA POPOLAZIONE IL GRANDE POTENZIALE DI QUESTA TECNOLOGIA“
Addirittura, negli Stati uniti, si sta pensando di promulgare una legge che permetta e autorizzi i cittadini di abbattere i droni che volano su aree private, qualora il proprietario senta violata la propria privacy. Ma non solo. Sempre negli USA è in atto un altro tentativo di regolamentare e dare la possibilità ai privati di difendersi dai droni usati per motivi professionali. Un consorzio di società che gestiscono la privacy ha messo a punto un servizio che, attraverso un sito internet con accesso gratuito consente, una volta registratisi, di creare un’area geografica off-limits per i droni, una sorta di nofly- zone. Una volta stabilita la zona di non sorvolo le aziende consorziate aggiornano i piani operativi di volo dei sofisticati droni che vengono usati da aziende per motivi lavorativi, implementando al loro interno tutte le aree vietate alla loro presenza. In Italia, è ormai noto il recente Regolamento Mezzi Aerei a Pilotaggio Remoto, ad opera dell’enAC, che ha inasprito le sanzioni e introdotto, tra l’altro, l’obbligo dei para-eliche per i droni al di sotto dei 300 grammi. Questa nuova normativa è solamente il primo passo verso una regolamentazione più ferrea dell’utilizzo dei droni. Accanto alle contromisure normative non mancano quelle tecnologiche definite col termine “operazione anti-Drone”. Il primo compito di un’operazione anti-Drone consiste nella sua individuazione: questa fase, usando il gergo militare, tecnicamente si definisce come “Surveillance & Target Acquisition”. Pur essendo molto piccoli, anche i mini-droni non sono invisibili ai radar ed emettono radiazioni termiche dai motori ed onde acustiche dalle eliche.

Possono inoltre essere individuati attraverso contromisure elettromagnetiche capaci di captare il link video o di comando e controllo, consentendo in molti casi di determinare anche la posizione esatta del pilota. Una volta intercettato il drone è possibile tracciarne le sue traiettorie di volo e, nel caso fosse necessario, attaccarlo mediante la produzione di onde elettromagnetiche capaci di interferire con il suo funzionamento. Partendo dalla considerazione che tutti droni commerciali sono generalmente costruiti con componenti standard le cui frequenze tipiche per il controllo remoto e il link video sono sempre le stesse (più esattamente 433MHz, 900-915 MHz, 1,3 GHz, 2,4 GHz e 5,8 GHz), è molto semplice mettere in atto contromisure definite col termine di “jamming” che interrompano il collegamento radio fra il drone e il pilota. I jammers (o disturbatori di frequenze) sono degli strumenti utilizzati per inibire le trasmissioni in radiofrequenza storicamente progettati e prodotti per scopi militari e per le Forze dell’ordine in quanto, l’interruzione delle comunicazioni in un largo raggio, costituiva una valida protezione da criminali e terroristi. Alcuni, per esempio, sono stati anche destinati per inibire l’uso di detonatori per esplosivi controllati a distanza. Esistono diversi tipi di jammer, a seconda degli impieghi e degli scopi per cui si deve operare.

In base al tipo di utilizzo, il jammer funziona a diverse frequenze rilasciando nell’ambiente onde radio che hanno il solo scopo di “sovrastare”, e quindi disturbare e bloccare, i segnali di trasmissione tra il drone ed il suo operatore. Considerando che alcuni droni integrano a bordo un dispositivo GPS e sono dotati di una funzione “return to home” che si attiva automaticamente nel caso si interrompa il collegamento con il pilota, dopo aver provocato un’interferenza, sarebbe anche possibile seguire il drone che fa ritorno al punto da cui è decollato, permettendo quindi di localizzare anche il pilota. Da notare che le recenti versioni di jammer anti drone presenti in commercio hanno la forma di un vero e proprio fucile ad onde elettromagnetiche che, grazie alla direttività delle antenne che integrano, provocano un disturbo selettivo indirizzato solamente verso l’oggetto che punta, nel nostro caso, appunto il drone. Sfortunatamente in Italia non esiste una normativa che, in favore della privacy, permetta l’utilizzo di qualsiasi forma di jammer poiché, in base agli Art. 340, 617 e 617 bis del Codice Penale, viene punito l’uso e l’installazione di questi sistemi. Quindi non ci rimane che aspettare del tempo sino a quando il legislatore non decida di regolamentarne l’utilizzo anche nel nostro paese così come viene fatto nel resto del mondo.
“PUR ESISTENDO SVARIATE CONTROMISURE È D’OBBLIGO UN APPROCCIO PRUDENTE SULLE NORMATIVE ASSOCIATO AD UN METODO PRAGMATICO DI APPLICAZIONE DELLA LEGGE PER TUTTI COLORO CHE IGNORANDO LE REGOLE METTONO IN PERICOLO GLI ALTRI”
Di contro esistono anche delle contromisure definite anti-jammer che danno la possibilità di rilevare l’esistenza di interferenze provocate dai jammer permettendo la loro individuazione. Oppure, i più esperti piloti di drone, possono sfruttare barriere come alberi o monumenti per evitare di essere intercettati. Le contromisure cinetiche, ovvero tutte quelle iniziative che prevedono l’abbattimento fisico del drone, a parte quelle che prevedono l’utilizzo di proiettili e missili, sono per ovvi motivi quasi sempre da escludere. I possibili danni derivanti da queste tecniche su un centro abitato sono facilmente immaginabili. Esistono però alternative cinematiche più mirate e proporzionate che allo stesso tempo sono alquanto stravaganti. Di seguito passeremo in rassegna quelle che oggi vanno più di moda tra cui alcune davvero molto bizzarre. Il drone che abbatte il drone, ad esempio, scaturisce dall’imitazione degli apparecchi volanti anti-drone già impiegati dalla polizia di Tokyo. Infatti, un gruppo di studenti della Michigan Tech university, guidata dal professore Rastgaar, ha messo a punto un prototipo di Octocottero radiocomandato in grado di individuare e disinnescare la minaccia dei droni che si siano introdotti nel proprio spazio aereo. Ribattezzando questa caccia all’intruso come la moderna “falconeria robotica”, è stato dimostrato come l’octocottero possa catturare qualunque drone nel raggio di oltre 15 metri lanciandogli una rete che lo intrappola e che di conseguenza lo fa precipitare a favore del suo recupero.

Un’altra soluzione, già da diverso tempo impiegata nei penitenziari americani, negli stadi e negli uffici governativi, prevede l’utilizzo di particolari percettori acustici ad altissima sensibilità che si attivano all’avvicinarsi di un drone, avvertendo il personale di sorveglianza. Questi speciali sensori sono stati recentemente utilizzati per vigilare sulla Maratona di Boston. Infine, concludiamo la rassegna con il metodo più ecologico che possa esistere, quello che prevede l’utilizzo di falchi ed aquile specificamente addestrati per intercettare i droni e catturarli come se fossero una loro preda. Come si può immaginare la fantasia dell’uomo è stesso sorprendente. Pensando alle possibili contromisure secondo queste ultime tecniche di difesa, non ci resta che immaginare scenari di risposta che prevedano una vera e propria battaglia tra droni in cui il drone offensivo tenderà di abbattere quello intercettore e viceversa. Tutto questo sembra surreale ma è dietro l’angolo! Il pericolo è relativamente recente e resta da vedere come sarà affrontato in situazioni di emergenza. In ogni caso, come per ogni tematica che riguarda la sicurezza esistono sempre misure e contromisure da entrambe le parti. Chi vincerà la partita sarà chi riuscirà a mettere in campo soluzioni sempre più innovative e tecnologicamente avanzate.
A cura di Cristian Randieri. Articolo pubblicato sulla rivista Safety & Security N. 80 – Maggio/Giugno 2016.
Per scaricare l’articolo pubblicato sulla rivista, seguire il link riportato di seguito http://www.intellisystem.it/it/portfolio/ss-maggiogiugno-2016

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Di fatto la soluzione proposta consiste in un varco elettronico tecnologicamente avanzato, da installare in prossimità dei punti di accesso alle zone di lavoro (ad esempio ponteggi e costruzioni comunemente presenti nei cantieri industriali e civili) insieme a particolari telecamere industriali. Il sistema è corredato da una piattaforma software personalizzabile che permette al responsabile del cantiere di applicare tutte le policy di sicurezza nel rispetto delle vigenti normative. In particolare è possibile specificare e identificare le seguenti variabili: riconoscimento visuale del lavoratore, DPI richieste, verifica scadenza DPI, eventuali sensori per gas nocivi. Una volta impostato il sistema, è sufficiente che l’operaio di turno, dotato di tutto l’equipaggiamento e in regola con il permesso di lavoro, attraversi un varco, in cui è installato il DPI Visual Analyzer, per far sì che questo verifichi in automatico e in pochi istanti la congruenza tra quanto rilevato quanto specificato dalle policy dettate dal responsabile per la sicurezza. Per far ciò è necessario integrare dei tag Rfid in ogni DPI o dispositivo che dovrà essere controllato.
La soluzione presentata permette di ottimizzare i tempi di accesso ai cantieri nel rispetto delle regole massimizzandole condizioni di sicurezza con le quali operai e tecnici dovranno operare. Inoltre, grazie al riconoscimento visivo del lavoratore, è possibile individuare tutti quei casi nei quali operai non autorizzati adoperino i permessi di lavoro e DPI di altre persone. Come funziona il nuovo sistema. Il sistema è basato in parte sulla tecnologia Rfid, attraverso la quale è possibile identificare il personale in ingresso negli impianti, stabilimenti e cantieri grazie a un badge personale con tag Rfid UHF. Una mancanza nei DPI indossati produce un allarme che può essere segnalato in diverse modalità, come sms, email, semafori, buzzer, messaggi su computer di varco. Il sistema è anche capace di leggere appositi tag associati ai DPI, permettendo in tempo reale di confrontarne gli identificativi con i DPI attesi in funzione dei permessi di lavoro. Al suo interno la piattaforma integra la possibilità di gestire i permessi di lavoro in formato elettronico offrendo di fatto una funzionalità innovativa che permette di gestire i permessi di lavoro in modo del tutto automatico eliminando tutto il materiale cartaceo e quindi riducendone i tempi di gestione a favore di una maggiore efficienza.
L’associazione DPI – tag, avviene mediante appositi lettori/codificatori. Per poter essere identificato dal sistema ogniDPI deve essere già dotato di un tag Rfid UHF ISO 190006-c opportunamente pre-codificato, oppure possono essere forniti appositi tag Rfid da codificare manualmente e da applicare ai DPI preesistenti. I tag applicabili ai DPI non forniti sono di natura diversa in funzione del dispositivo a cui vanno applicati. Ad esempio: tag in etichetta di stoffa, applicabili in giacche, guanti, scarpe; in formato ISO Card, integrato o applicabile su badge pre-esistenti; in PVC da applicare su occhiali e piccoli dispositivi; rivestiti al silicone da applicare su tutti i DPI che dopo il loro utilizzo sono soggetti a lavaggio industriale ad alta temperatura. Attualmente il sistema è in fase di testing finale e validazione presso diversi stabilimenti e raffinerie sia in Italia che all’estero.






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