Automazione Oggi N. 384 - Settembre 2015 - Anno 31

AO Settembre 2015

Questione di Chimica

Intervista a Cristian Randieri

A cura di Michele Santovito

 

Introduzione 

Secondo Federchimica nel prossimo futuro il settore chimico e petrolchimico avrà un trend positivo: ma sarà veramente così? E lo sarà anche per realtà industriali piccole?

Parlare dell’industria chimica e petrolchimica e provare a fornire un panorama aggiornato su numeri e tendenze rappresenta un’impresa che solo pochi soggetti sono in grado di poter svolgere. Tra questi c’è sicuramente Federchimica, che ogni anno pubblica l’interessante report ‘L’industria chimica in cifre 2015’ (http://www.federchimica.it/ DATIEANALISI/ConoscereIndustriaChimica. aspx), attraverso il quale si fornisce una visione dell’industria chimica italiana confrontata con gli altri paesi europei e mondiali e cerca di misurare lo stato di salute del comparto attraverso l’analisi di macro indicatori. I risultati evidenziati nell’ultimo rapporto forniscono una percezione molto positiva del trend previsto nel prossimo futuro e tutto ciò non può che far bene all’ottimismo; guardando però l’altra faccia della medaglia e cercando di tenere un profilo più critico risulta fin troppo evidente il messaggio solo positivo, quasi promozionale, che Federchimica vuole dare a favore delle proprie associate e che però rischia di far sembrare che tutte le aziende si stanno muovendo verso la giusta direzione. Chi ha avuto l’occasione di effettuare sopralluoghi, soprattutto presso realtà industriali più piccole, può confermare che sono moltissime le aree di miglioramento che richiedono uno sforzo molto forte da parte della classe dirigente presente all’interno dell’industria ben sapendo che i benefici a cui si può arrivare sono molto grandi anche solo seguendo le buone pratiche che altre aziende più grandi e strutturate hanno messo in atto già da tempo.

AO Settembre 2005 - Intervista Cristian Randieri Questione di Chimica - Intellisystem Technologies

Impatto ambientale

Sicuramente la complessità di questo mondo, unita alla vastità dell’argomento ‘chimica’, non sempre garantisce un lavoro completo e oggettivo, che possa escludere completamente il rischio di poter dire tutto e il suo contrario in base agli interessi che si vuol far prevalere. Tra i tanti aspetti interessanti che circondano anche questo settore e che in quest’ultimo periodo sta riscuotendo notevole successo vi è il tema ambientale con un occhio di riguardo all’efficienza energetica la quale, oltre a garantire una riduzione dell’impatto ambientale, può essere vista come chiave di miglioramento della competitività sia in termini di riduzione dei costi sia come acquisizione di maggiori conoscenze e competenze. Su questo tema specifico esistono numerosi studi ed esempi di come la sostenibilità sia tra le parole chiave usate anche dalle aziende del comparto chimico, ma richiamando l’accenno fatto in precedenza, può capitare di trovarsi di fronte a documenti che raccontano di fatti che rimangono sulla carta oppure che enfatizzano alcune esperienze di ridotte dimensioni; per questi casi risulta difficile dire a priori se la volontà è di sfruttare la moda del ‘green’ per ottenere benefici di immagine e di quote di mercato oppure per lavarsi la coscienza (green washing). Per chi ha la possibilità e la fortuna di visionare molteplici realtà industriali non sembrerà per niente strano immaginare le numerose aree di miglioramento presenti in molte realtà chimiche sia piccole sia grandi. L’obbligo legislativo previsto dall’articolo 8 del D.Lgs. 102/14 che prevede l’esecuzione di una diagnosi energetica presso tutte le grandi imprese e le aziende cosiddette energivore ha permesso l’apertura delle porte di molte aziende per l’analisi dei consumi energetici abbinata alla conoscenza dei singoli processi. L’attività di diagnosi energetica, che rappresenta il primo passo necessario per svolgere una corretta azione di miglioramento della propria bolletta di energia elettrica e gas, era sconosciuta a molti dei soggetti che oggi figurano tra gli ‘obbligati’. Questo la dice lunga sulla sensibilità degli utilizzatori finali di energia, che per quanto riguarda l’industria chimica ha un’incidenza per niente trascurabile sui propri costi operativi. Ovviamente ciò significa che l’organizzazione nel suo complesso (almeno per quelle meno virtuose) è poco sensibile al tema ambientale, ancora di più in un ambito dove la riduzione dell’impatto ambientale è direttamente proporzionale alla riduzione dei propri costi. Scontato dire che mai nessuno all’interno dell’azienda, a tutti i livelli, ammetterà mai una tale ‘colpa’; per cui approfittiamo dell’obbligo e, senza pensare che questo rappresenti un puro balzello, cerchiamo di introdurre tutti i principi utili al raggiungimento dei risultati di miglioramento.

Le nuove tecnologie

In tutto questo le nuove tecnologie e l’automazione hanno un ruolo fondamentale per garantire i risultati attesi ma deve essere chiaro a tutti, utenti finali e fornitori, che queste si collocano a valle di una corretta analisi iniziale, ovvero dalla diagnosi, ancora di più se ci troviamo di fronte all’industria di processo come avviene in maniera indistinta per tutto il comparto della chimica. Volendo esprimere un giudizio sul prossimo periodo che attende l’industria chimica italiana, possiamo dire che le opportunità di migliorarsi non mancano e che devono essere tenute sotto osservazione e colte appena ne viene data la possibilità. Sicuramente poi approfittare della tendenza, soprattutto europea, di voler incrementare l’efficienza energetica all’interno delle industrie garantendo strumenti metodologici e finanziari per permettere un cambio di marcia da parte dell’intera organizzazione rappresenta un grosso vantaggio. Di sicuro non è un’attività che può essere delegata completamente a un esterno e richiede il coinvolgimento attivo del proprio personale il quale facendo proprio un metodo di lavoro innovativo permette di fare un salto di qualità. Tutto ciò risulta molto più efficace se l’incidenza dei costi energetici è elevata e se il livello del business garantisce una buona prospettiva nel tempo. A tal proposito, i segnali di crescita che arrivano dal mercato unito alle richieste avanzate per soddisfare l’obbligo di diagnosi, fanno ben sperare per il prossimo futuro delle aziende, comprese quelle chimiche. Tutto ciò deve essere visto come il miglior modo per partire con il piede giusto dopo un periodo decisamente buio per molti soggetti che operano in quest’area.

Sull’argomento abbiamo intervistato Cristian Randieri, president & ceo di Intellisystem Technologies (www.intellisystem.it).

 

Automazione Oggi: Dal 2008 per effetto della crisi molte industrie hanno dovuto attivarsi e mettere in atto una serie di strategie per limitare i danni e resistere al rischio chiusura o (s)vendita. Gli ultimi indicatori macroeconomici sembrano evidenziare un’inversione di tendenza e un timido ottimismo; alla luce di queste ultime indicazioni e sulla base della vostra esperienza diretta, potete dare conferma oppure non avete riscontrato nessun cambiamento rispetto agli ultimi anni? Guardandovi alle spalle, vi ritenete soddisfatti delle strategie adottate dalla vostra azienda e quale tra queste pensate sia stata la più efficace?

 

Cristian Randieri: Nel dopoguerra l’industria chimica e petrolchimica ha segnato una grande svolta nel settore industriale italiano, dominando per diversi anni il panorama delle nostre attività industriali. La flessione che poi si è registrata è stata provocata dai suoi ingenti costi: non solo l’aumento del prezzo del petrolio, ma anche le grandi dimensioni degli impianti particolarmente sensibili ai problemi di carattere ambientale e di sicurezza. Prendendo in considerazione il rapporto di giugno 2015 dell’Unione Petrolifera a un anno esatto dall’avvio del crollo delle quotazioni del petrolio, la domanda si è risvegliata con un vigore che sta sorprendendo gli analisti. Ma la crescita dei consumi di carburante, legata in parte alla ripresa economica e in parte alla discesa dei prezzi alla pompa, non è stata finora sufficiente a riequilibrare il mercato. L’eccesso di greggio è quasi raddoppiato: da 1,1 mbg (milioni di barili al giorno) nel secondo trimestre del 2014 a oltre 2 mbg da cui ne segue che occorrerà molto tempo per essere dissipato. Nel nostro caso abbiamo notato una maggiore contrazione negli investimenti messi in atto dalle raffinerie che ormai si limitano allo stretto e necessario per mantenere in piedi la loro struttura. Il settore dell’automazione riesce a resistere solo per il fatto che è il nodo centrale per l’ottimizzazione della produzione e della sicurezza degli impianti. La nostra esperienza ci ha insegnato che per resistere a questa ondata di crisi che ormai perdura da diversi anni bisogna adattarsi alle nuove esigenze del mercato che purtroppo sono quelle di sempre ma che oggi sono ancor di più all’ordine del giorno, ovvero ‘occorre tagliare i costi’. Cosa più facile a dirsi che a farsi poiché la nuova variabile che si deve aggiungere è ‘senza attivare nuovi investimenti’. Tradotto in altre parole, la chiave di successo di oggi per noi è quella di offrire soluzioni che non richiedono investimenti e che al tempo stesso permettano al committente di ‘tagliare i costi’ su una o più attività. Penso che in Italia ci siano i presupposti culturali per la rinascita dell’industria chimica, ma mancano quelli politici. È necessario che il nostro Paese ritrovi il coraggio di rischiare, ovvero investire. Nel caso nostro abbiamo investito in innovazione, ricerca e sviluppo per offrire ai nostri clienti delle soluzioni a basso costo quali ad esempio l’innovativo sistema di monitoraggio delle fiaccole industriali a mezzo di una speciale telecamera termica che s’interfaccia con i sistemi di automazione per consentire il monitoraggio e l’analisi in automatico dell’efficienza della fiaccola stessa.

 

A.O.: Anche se la definizione di ‘chimica verde’ ha fatto la sua apparizione nel 1991, solo negli ultimi anni è aumentata notevolmente la sensibilità verso l’impatto ambientale sempre minore. La vostra azienda ha adottato e segue i principi (12 regole) previsti da questo approccio innovativo? Potete fare qualche esempio?

 

Randieri: La nostra azienda ha adottato da sempre un approccio etico fatto di criteri, di priorità e di obiettivi, quindi una nostra filosofia, che attinge dalla conoscenza scientifica della chimica per guidare le applicazioni industriali di questa disciplina verso modalità sostenibili dal punto di vista ambientale ed economico. Siamo convinti che la ‘green chemistry’ sia a tutti gli effetti un criterio di ottimizzazione dal quale non soltanto i chimici industriali ma anche gli ingegneri chimici non possono prescindere nella loro attività professionale di definizione e ottimizzazione dei processi di trasformazione chimica. Nel caso nostro abbiamo messo a punto dei processi che massimizzino la quantità di materia prima che entra a far parte del prodotto (quindi sprecare meno materie prime e generare al tempo stesso meno sottoprodotti da smaltire, riuscendo a impiegare materie prime poco trasformate, ovvero più grezze). Ove possibile impieghiamo sostanze chimiche (ad esempio: i solventi) sicure e ‘benigne’ per l’ambiente (o per lo meno tentiamo di ridurre l’impiego di quelle sostanze che possono considerarsi più implicitamente rischiose, anche senza prevederne un impiego su larga scala). Abbiamo messo a punto processi di produzione efficienti dal punto di vista energetico: un po’ come i motori delle automobili di ultima generazione, che fanno più chilometri con la stessa quantità di carburante. E infine cerchiamo di gestire al meglio la produzione dei reflui adottando come regola quella in primo luogo di non produrli. Può apparire un’utopia, ma in alcuni casi è stato un obiettivo perseguibile.

 

A.O.: In linea con la domanda precedente e in linea con le recenti direttive europee, nel luglio 2014 con il D.Lgs. 102 è stata recepita in Italia la nuova direttiva sull’efficienza energetica. Tra le altre cose è richiesto che le grandi imprese o quelle energivore debbano realizzare obbligatoriamente entro il 5 dicembre una diagnosi energetica dei propri siti. La vostra azienda ha già svolto azioni di miglioramento dell’efficienza energetica? Sono state svolte a seguito di un lavoro di diagnosi? Avete in programma l’implementazione di un sistema di gestione dell’energia (certificato)?

 

Randieri: Malgrado la nostra realtà venga classificata tra le PMI, attualmente stiamo effettuando un’analisi interna atta a favorire il contenimento dei consumi energetici attraverso la contabilizzazione dei consumi individuali dei singoli reparti aziendali in modo da poter suddividere le spese in base ai consumi effettivi di ciascun centro di consumo individuale. Pensiamo di condurre l’analisi utilizzando dei misuratori di consumo energetico costruiti internamente che sfruttano il principio di misurazione della corrente che attraversa un cavo mediante un solenoide interfacciato a un opportuno sistema di misura e controllo. Chiaramente non basta solo analizzare i consumi, stiamo cercando di assegnare risorse e responsabilità in modo da accrescere la consapevolezza aziendale in merito al tema fornendo del training adeguato atto a promuovere la comunicazione interna ed esterna e implementare controlli operativi. Tutto questo ci permetterà di essere pronti per implementare un efficace sistema di gestione dell’energia certificato che ci garantisce le migliori performance nella gestione dell’energia in conformità allo standard di riferimento ISO 50001.

 

A.O.: Come potreste definire il livello di automazione che caratterizza la vostra azienda? Esistono delle soluzioni integrate e comunicanti tra i vari reparti e funzioni all’interno dell’azienda, non solo produttive?

 

Randieri: Lavorando nel campo dell’automazione è più che naturale per noi adottare un elevato livello di automazione interno per favorire una riduzione dei costi e dei consumi aumentando la sicurezza dei nostri lavoratori. Giusto per fare un esempio abbiamo ideato e realizzato un sistema denominato DPI Analyzer che sfruttando la tecnologia Rfid ci permette di aumentare la sicurezza dei nostri operai nei cantieri in cui operano. Infatti a ogni DPI (Dispositivo di Protezione Individuale) è associato uno speciale TAG che viene rilevato a ogni stazione di lavorazione. Un sistema centralizzato permette di controllare che l’operaio abbia indossato i DPI idonei per l’area in cui si lavora, il tutto compatibilmente con la normativa della privacy sul luogo di lavoro. Siamo convinti che un’azienda che investe in sicurezza del luogo del lavoro ha anche un ritorno economico in termini di riduzioni dei costi e dei consumi.

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Intervista pubblicata su Automazione Oggi N. 384 – Settembre 2015 – Anno 31

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