Automazione Oggi N. 380 - Aprile 2015 - Anno 31

AO Aprile 2015

Tavola Rotonda

“Servizi professionali e prodotti open source”

A cura di Michele Santovito

Con Cristian Randieri, president & CEO di Intellisytem Technologies; Andrea Ceiner, group product marketing manager m2m/IoT di Eurotech; Italo Vignoli, presidente onorario di LibreItalia; Danilo Maggi, marketing manager di Red Hat Italy.


Introduzione

Servizio professionale e prodotti open source: quale offerta per l’impresa e quali i vantaggi. Ne parliamo con le aziende 

Uno tra gli aspetti più interessanti che si sono sviluppati in parallelo (soprattutto grazie) allo sviluppo tecnologico, iniziato più di vent’anni, e la filosofia dell’Open Source. Dal punto di vista dell’utilizzatore finale dei moltissimi e differenti dispositivi tecnologici, probabilmente non sempre e ben chiaro cosa si nasconde dietro a concetti Open Source, Free Software, Creative Commons. Grazie a questa tavola rotonda, coordinata da un ‘non-esperto’ ma partecipata da esperti del mondo open source, vorremo fare chiarezza anche in vista dei prossimi obiettivi che l’innovazione tecnologica ci sta prospettando, primo tra tutti l’Internet of Thing.

AO Aprile 2015 - Tavola Rotonda Open Source - Intellisystem Technologies

Automazione Oggi:  Open Source è sinonimo di libero scambio che, almeno dal punto di vista della definizione, non dovrebbe portare a un guadagno economico diretto da parte di chi lo produce soprattutto quando si tratta di un nuovo progetto. Qual è il punto di vista e come si pone una società che produce e realizza i propri margini proprio sulla commercializzazione diretta o indiretta di questi prodotti?

Andrea Ceiner, group product marketing manager m2m/IoT di Eurotech (www.eurotech.com): Per Eurotech l’investimento nell’open source e motivato dal desiderio di stimolare l’innovazione nel mondo del machine-2-machine e dell’Internet of Things. Donare parte del proprio codice sorgente e fondare il gruppo di lavoro IoT all’interno della fondazione Eclipse, assieme ai partner IBM e Sierra Wireless, ha contribuito allo sviluppo di oltre un milione di righe di codice nei primi due anni e alla creazione da zero a 15 progetti di sviluppo in meno di tre anni, catalizzando l’attenzione di aziende piccole e grandi (come Bosch) che si ritrovano a collaborare in modo creativo, dinamico ed efficace. Lo sviluppo di iniziative come la recente IoT Challange continuano ad attirare intelligenze, che producono in breve tempo innovazione riutilizzabile sul piano industriale anche da chi ha investito, come Eurotech. Il ritorno sull’investimento e tangibile e veloce.

Cristian Randieri, president & CEO di Intellisytem (www.intellisystem. it): E’ opinione pressochè comune che il software open source rappresenti il futuro dell’ICT. Purtroppo in Italia intorno all’open source c’è ancora molta diffidenza, dovuta molto probabilmente alla mancanza di una corretta informazione su cosa s’intenda per Open Source e in che modo questi può aiutare un’azienda a crescere. Per approcciarsi correttamente al mondo open source bisognerebbe prima capire cosa s’intende con questo termine. Considerando la definizione data da Wikipedia ‘open source indica un software i cui autori (più precisamente i detentori dei diritti) ne permettono, anzi ne favoriscono il libero studio e l’apporto di modifiche da parte di altri programmatori indipendenti’. Attenzione pero che open source non vuol dire gratis, o almeno non necessariamente ‘open source’. Nel corso degli ultimi anni il mondo delle soluzioni open source ha subito una notevole evoluzione passando dal mondo universitario a quello commerciale sino a rispondere a esigenze di tipo enterprice capaci di affiancare agli storici vantaggi in termini di ‘costi’ e possibilità di sviluppo, anche caratteristiche di robustezza, affidabilità e garanzia di continuità operativa. Anche il ‘modello di business’ del mondo open source si e evoluto, acquisendo regole, definendo processi e modalità di erogazione del servizio. Proprio questo consente oggi alle aziende che operano come integratori o sviluppatori di tali soluzioni di valorizzare il proprio business e proporsi al mercato con un’off erta alternativa attraverso la quale si possono garantire vantaggi con l’utilizzo di tali soluzioni, mantenendo il modello del mondo open source e ottenendo ritorni economici. Una società che basa la propria attività sull’open source sicuramente e in grado di offrire una valida alternativa ai tradizionali sistemi ‘proprietari’, sia per realizzare infrastrutture ICT, sia per implementare applicazioni di business.

Italo Vignoli, presidente onorario di LibreItalia (www.libreitalia.it): Il software open source non e sinonimo di libero scambio ma di condivisione della conoscenza, e non e affatto vero che non deve portare a un guadagno economico. Il software open source, infatti, utilizza un modello di business diverso, in cui non viene pagata la licenza del software ma viene pagato il valore aggiunto legato al software stesso. In questo senso, il software open source consente di ottenere margini molto più alti del software proprietario, in quanto non c’è nessun acquisto e rivendita di prodotti – con margini che molto spesso sono inferiori al 10% – ma solo l’erogazione di servizi, il cui margine rimane interamente all’azienda. Certo, intorno a questo meccanismo, molto semplice, c’è una disinformazione diffusa, creata dalle aziende del software proprietario per cercare di nascondere la realtà di un modello di business ormai obsoleto, basato sulla presenza di licenze vessatorie e di un impianto legale che non ha nulla a che vedere con il valore del software.

Danilo Maggi, marketing manager di Red Hat Italy (www.redhat.com): Il movimento del software libero (Free Software dove Free significa Freedom ovvero liberta in italiano e non gratuito) ha avuto inizio con Richard M. Stallman e GNU nel 1984. Il software libero e definito dalle 4 libertà fondamentali che esso fornisce: la liberta di eseguire il programma, la liberta di studiare come funziona il programma e di adattarlo alle proprie necessita, la libertà di ridistribuirne le copie in modo da aiutare il prossimo e infine la liberta di migliorare il programma e distribuirne al pubblico i miglioramenti. Il software libero non dovrebbe essere scambiato con il freeware perchè nel caso del freeware ‘free’ significa gratuito, senza garantire le libertà precedenti. Il movimento open source, supportato da persone e aziende che conoscono i benefici tecnici ed economici del codice a sorgente aperto (open source, per l’appunto) e del suo sviluppo aperto al contributo di tutti, consente a molte persone di vedere il codice e correggerlo. In questo modo i programmi si sviluppano più velocemente: tanto e vero che l’innovazione spesso nasce dalle comunità open source (OpenStack tanto per citarne uno…). Per quanto riguarda il costo, con il modello di sottoscrizione Red Hat, si paga per il valore effettivamente ricevuto (ovvero il servizio e non la licenza software) e ogni anno e possibile scegliere di rimanere con Red Hat oppure passare a un altro fornitore. Per mantenere efficiente un’infrastruttura che sia in grado di soddisfare le esigenze aziendali in costante crescita e necessario un contratto di manutenzione e supporto, serve una piattaforma aziendale comprovata, scalabile, affidabile e sicura, nonchè un rapporto di autentica collaborazione con il fornitore della tecnologia. Ed e proprio quello che la sottoscrizione a Red Hat offre.

A.O.:  In genere si pensa ai prodotti open Source come poco userfriendly o con limitazioni nell’uso al pari di un prodotto commerciale analogo, limitandone l’utilizzo solo ai più esperti; l’evoluzione tecnologica e di conoscenze ha cambiato o sta ampliando il tipo e quindi il numero di utilizzatori?

Andrea Ceiner: Noi registriamo come principale vantaggio della comunità open source la quantità di innovazione che questa produce. Gli aspetti di vestizione del prodotto finale spettano poi alle industrie e alle aziende che colgono questi progetti innovativi. Non e compito della comunità open source curare il design e il marketing del prodotto finale. Il loro compito, ripeto, e produrre innovazione.

Cristian Randieri: Negli ultimi anni a livello internazionale le limitazioni d’uso di un prodotto open source rispetto a un prodotto commerciale stanno diminuendo sempre più e in alcuni casi addirittura l’open source riesce a fare molto di più, si pensi ad esempio alla piattaforma Apache-MySql che di fatto oggi copre il 70% del mercato. Non dimentichiamo che la soluzione open source e scelta anche da grandi colossi come ad esempio la tecnologia Java, supportata da IBM, Sun, Oracle, offrendo un esteso patrimonio di framework, librerie e soluzioni. Purtroppo lo scenario nel nostro Paese cambia di molto. Secondo un’indagine Istat in Italia solo il 12,2% imprese adotta tecnologie open source; di cui il 38,7% e rappresentato delle aziende aventi oltre 250 addetti. Quindi assistiamo all’apparente paradosso che il software libero e poco presente proprio nelle piccole-medie imprese che avrebbero i massimi benefici dalla sua introduzione, in primis di carattere economico. Purtroppo alla base di tutto c’è un problema di conoscenza e formazione. Molte di queste piccole realtà non hanno al loro interno competenze informatiche adeguate e ricorrono quasi totalmente a consulenti esterni che per la maggior parte delle volte hanno più interesse a far acquistare pacchetti software chiusi soggetti a licenza. In più le software-house che propongono le soluzioni open source sono poco visibili. Un po’ perchè sono troppo piccole per farsi pubblicità e un po’ perchè spesso quelle più grandi non si propongono come fornitrici di software libero perchè hanno più convenienza a ‘incorporarlo’ nelle loro soluzioni proprietarie. Italo Vignoli: I software open source sono spesso superiori, in termini di funzionalità, rispetto ai loro equivalenti proprietari. Basta pensare al browser Mozilla Firefox, superiore a Internet Explorer; al sistema di posta elettronica Mozilla Thunderbird, superiore a Microsoft Outlook; e al media player VLC, superiore a Windows Media Player. In tutti questi casi, nonostante lo strapotere di Microsoft, i software open source sono molto diffusi, e in alcuni casi hanno quote di mercato più ampie. Certo, in alcuni casi l’interfaccia dei prodotti open source e meno appariscente, in quanto si basa sui principi dell’ergonomia e non su quelli del marketing, per cui c’è la sensazione che sia anche meno efficace, ma tutte le ricerche indipendenti dimostrano che non e vero. Tra l’altro, oggi anche i sistemi operativi open source sono diventati facili da utilizzare anche per gli utenti di base, come nel caso di Ubuntu, che e simile a Windows per caratteristiche e funzionalità ma infinitamente superiore in termini di sicurezza e stabilità.

Danilo Maggi: Direi che questa affermazione e stata superata da tempo. Oggi, come confermato dai nostri clienti e da una ricerca di mercato che abbiamo condotto con il supporto di SDA Bocconi, la scelta open source viene fatta principalmente in quanto porta innovazione all’interno dell’azienda. Possiamo inoltre dire che le principali aziende in Italia e nel mondo hanno adottato soluzioni open Source anche in ambienti mission critical.

A.O.:  Open Source può essere inteso come l’opposto del copyright, in qualità di aziende che hanno accumulato anni di esperienze e competenze specifiche nel proprio settore, vedete nella condivisione libera di (alcune) conoscenze una minaccia nel perdere quote a favore dei propri diretti competitor oppure viene vista come una nuova opportunità di crescita per un’evoluzione dei propri prodotti/servizi molto più rapida a favore dei propri clienti?

Andrea Ceiner: Secondo noi l’open source e un approccio diverso all’avvio di startup. Non tutti i progetti open e non tutte le startup avranno successo. La maggior parte non arriveranno sul mercato in modo durevole e profittevole, ma quelle che ci arrivano ripagano di molto l’investimento.

Cristian Randieri: Indubbiamente l’open source nel tempo ha portato radicali cambiamenti nel mondo dell’informatica. Del resto, come di tutti i prodotti dell’ingegno umano l’evoluzione del software ha bisogno di conoscenza, e più questa e facile da reperire e da riutilizzare, più i prodotti si evolveranno e miglioreranno sulla base dei fallimenti e dei successi precedenti secondo la tecnica base della programmazione definita ‘trial and error’. Sono convinto che senza open source il mondo dell’informatica sarebbe rimasto una semplice moderna disciplina in grado di seguire le medesime regole che governano gli altri settori industriali in cui la conoscenza rimane nelle aziende che lo producono e gli sviluppatori, anche cambiando azienda, non potevano riutilizzare il codice tutelato dal Copyright. Di contro i prodotti open source non sempre rappresentano la panacea per l’utente finale, in quanto essendo sviluppato in modo libero e spesse volte non strutturato si rischia di trovarsi nelle mani un software che risulta essere non più aggiornato o peggio abbandonato. Per far fronte a questo problema sono nate le cosiddette community che nella giungla dell’open source provano a dettare regole per garantire l’esistenza e la continuità dei progetti. Un’azienda che decide di lavorare con l’open source affronta diverse sfide quali fare concorrenza ai colossi assumendosi delle responsabilità verso i sui clienti, il tutto a vantaggio di una personalizzazione dei prodotti. Molte aziende startup nascono proprio da progetti open source. Del resto la collaborazione di più parti (in genere libera e spontanea) permette al prodotto finale di raggiungere una complessità notevolmente maggiore di quanto potrebbe ottenere un singolo gruppo di lavoro. L’open source ha tratto grande beneficio da Internet grazie al quale i programmatori geograficamente distanti possono coordinarsi e lavorare allo stesso progetto.

Italo Vignoli: Il software open source protegge la proprietà intellettuale tanto quanto il software proprietario, mentre ha un punto di vista completamente diverso sulle tipologie di licenza, in quanto quelle copyleft promuovono la condivisione della conoscenza, come fattore di crescita del software. Infatti, se tutti gli sviluppatori condividono le proprie idee, il software sarà il risultato della somma di queste idee, migliore di qualsiasi software sviluppato nelle segrete stanze di un’azienda senza un confronto trasparente con le migliori risorse disponibili in rete (che una singola azienda non riuscirà mai a raccogliere). Ovviamente, il confronto sullo sviluppo non elimina la concorrenza tra le aziende, che esiste sul piano commerciale e si gioca nel campo dei servizi (e non sulle singole funzionalità del software, che non rappresentano nessun tipo di valore aggiunto). Ripeto, e impossibile confrontare il modello di business nato negli anni settanta e ormai superato del software proprietario con il modello di business nato negli anni novanta e ancora attuale del software open source. Siamo in due ambiti completamente diversi: il primo orientato all’azienda, e il secondo orientato agli utenti.

Danilo Maggi: Sicuramente come affermato in precedenza la condivisione e la collaborazione sono un fattore di successo per i nostri clienti e non rappresentano per noi una minaccia. Anzi, il modello collaborativo basato sulla comunità e il vero vantaggio per portare innovazione.

A.O:  Nel caso si condivida la filosofi a dell’open source, ritenete che oltre a un miglioramento delle caratteristiche dei propri prodotti/servizi si può pensare anche a una reale riduzione dei costi a favore degli utilizzatori finali?

Andrea Ceiner: Il mondo della tecnologia sta condizionando sempre più il mondo del business, e con la rivoluzione industriale del IoT questo fenomeno sarà endemico e pervasivo in quasi tutti i settori dell’attività umana. In questo processo di trasformazione assistiamo a un passaggio dalla produzione e vendita di prodotti con servizi accessori (quale, ad esempio, l’assistenza tecnica), alla vendita di servizi che si avvalgono di prodotti tecnologici per migliorarne la qualità e l’efficacia. E naturale che la velocita di discesa dei prezzi per i prodotti tecnologici continuerà ad aumentare, a favore dei profitti ricavati dai servizi a valore aggiunto. L’open source si sposa con questo fenomeno.

Cristian Randieri: Per quanto riguarda i vantaggi economici derivanti dall’adozione di un software open source la loro entità e variabile. Dipende infatti da quanto lavoro di configurazione e di personalizzazione deve essere fatto sul software-base. Nel caso di programmi che possono essere scaricati gratuitamente e immediatamente installati sul PC (come ad esempio Open Office) il risparmio e sicuramente del 100% in termini di licenze. In tanti altri casi (come ad esempio per le applicazioni lato server) sono richiesti interventi di configurazione e di personalizzazione. Questo e tanto più vero quanto più un programma e verticale, cioè specifico di un certo settore o filiera produttiva. Anche in questo caso si possono constatare risparmi che variano dal 30 al 50% rispetto a un software soggetto a licenza. Ma anche nei casi in cui il lavoro di personalizzazione di un software open source e particolarmente significativo, bisogna sottolineare che una volta personalizzato e installato il programma rimane nel pieno possesso dell’azienda. Questo significa svincolarsi di fatto dal fornitore iniziale.

Italo Vignoli: La riduzione del Total Cost of Ownership che deriva dall’uso del software open source e un dato di fatto, che nemmeno le ricerche pilotate da Microsoft riescono a smentire. Esistono dati inconfutabili, come quelli della Provincia di Perugia, che dimostrano come il passaggio da Microsoft Office a LibreOffice abbia consentito una riduzione del costo di circa 200 euro a utente, nonostante un investimento nei servizi relativi alla migrazione pari a circa 50 euro a utente, per la formazione e il supporto. Lo stesso vale per le migrazioni da Exchange Server a Zimbra versione community, e per numerosi altri esempi. E anche le migrazioni più complesse da Windows a Linux che richiedono più tempo e investimenti, come quella della città di Monaco di Baviera, portano a una riduzione significativa dei costi. Senza fare riferimento all’indipendenza dai vendor che e tipica del software open source, che rappresenta, nel medio e lungo periodo, un risparmio ancora più altro, anche se difficile da calcolare.

Danilo Maggi: Il modello open source che non prevede il pagamento delle licenze, ma delle sottoscrizioni porta in prima battuta a un vantaggio economico rispetto alle soluzioni proprietarie.

A.O.:  Nella vostra offerta verso i clienti finali ci sono o state prevedendo prodotti open source? Oppure partecipate attivamente allo sviluppo di soluzioni open source per realizzare i prodotti che poi immettete sul mercato?

Andrea Ceiner: Implementare e configurare un dispositivo che funga da nodo sulla Internet of Things (IoT) e relativamente semplice. Risulta più complesso farlo per centinaia o migliaia di dispositivi che supportano parecchie applicazioni locali. E proprio in questo contesto che si inserisce il nuovo progetto Kura di Eclipse, un incubatore open source che punta a realizzare un contenitore OSGi (Open Service Gateway initiative) per applicazioni m2m su gateway di servizi. Eurotech e un membro fondatore dell’IoT Working Group (ex m2m Working Group) all’interno della Eclipse Foundation e ha contribuito al progetto Kura sviluppando la tecnologia originale per tutti i tipi di dispositivi, da quelli generici ai computer portatili rugged, dai dispositivi indossabili ai gateway di servizi, dalle console per veicoli fi no al Raspberry Pi. Da poco l’azienda ha rilasciato Kura 1.1, la release dell’infrastruttura software Java OSGi per gateway m2m multiservizi e sensori intelligenti, passata ‘dalla fase di incubazione a quella di soluzione matura’ nell’ambito del ciclo di vita dei progetti promossi dalla Eclipse Foundation. Kura off re un ambiente di sviluppo per programmatori Java che semplifica notevolmente la creazione di applicazioni embedded, mettendo a disposizione un set di servizi comuni per gli sviluppatori Java che realizzano applicazioni m2m, con accesso I/O, servizi dati, configurazione di rete e gestione remota. Kura funge da piattaforma per collegare una rete di dispositivi privata con la rete locale, la rete Internet pubblica o la rete di telefonia cellulare, attraverso un meccanismo sicuro, affidabile e ottimizzato per la trasmissione di dati fra i dispositivi di campo (sensori, attuatori e interfacce uomo-macchina), cosi come fra i dispositivi e la piattaforma cloud, tramite il protocollo Mqtt. Kura rende inoltre i vari dispositivi ‘intelligenti’ grazie all’integrazione di tutti gli applicativi embedded necessari, laddove l’unico limite e rappresentato dalle specifiche hardware. Grazie a Kura, ogni dispositivo può essere monitorato, gestito e accessibile da amministratori remoti e pannelli di controllo ‘sysadm’. Kura e l’infrastruttura software che collegherà la prossima generazione di smart devices al cloud, trasformandoli nel contempo in apparecchiature intelligenti, multifunzione e gestibili.

Cristian Randieri: Essendo il cuore della nostra azienda basato sull’integrazione dei sistemi, per ovvi motivi troviamo nell’open source un terreno molto fertile che ci permette di personalizzare le nostre soluzioni abbattendo i costi di sviluppo dei relativi software. Grazie all’open source negli ultimi anni il nostro time to market per quanto riguarda i nostri prodotti si è dimezzato. Nel caso specifico utilizziamo il software open source per programmare e personalizzare i nostri sistemi embedded svincolandoci da piattaforme proprietarie.

Italo Vignoli: LibreOffice e l’espressione di una fondazione non profit, che coordina le attività di sviluppo del software e che rappresenta il progetto open source più grande e più dinamico degli ultimi cinque anni. Nel nostro caso, quindi, il software open source rappresenta una scelta strategica, per le sue caratteristiche ampiamente superiori a quelle del software proprietario, e per i vantaggi che porta agli utenti in termini di funzionalità, caratteristiche, e adozione dei formati standard per i documenti (che non sono, contrariamente a quello che crede la maggioranza degli utenti, quelli di Microsoft Office, ma proprio quelli di LibreOffice, e di altri 140 software per ogni tipo di applicazione). E gli standard sono talmente importanti che anche Microsoft Office 2013 ha deciso di supportarli, e quindi di gestire Open Document Format.

Danilo Maggi: Per entrambe le domande la risposta è si. Red Hat partecipa attivamente allo sviluppo delle principali soluzioni delle comunità open source: Fedora, RDO, Ceph, KVM, tanto per citarne alcune.

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Tavola Rotonda pubblicata su Automazione Oggi N. 380 – Aprile 2015 – Anno 31

AutomazioneOggi

È il mensile dedicato al mondo dell’automazione industriale e delle relative tecnologie. Oltre a fornire rigorose e dettagliate informazioni su prodotti hardware e software, componenti, applicazioni, Automazione Oggi segue da vicino il mercato con inchieste, analisi e tavole rotonde. Propone a scadenze regolari l’appuntamento con le “Guide”, i supplementi monotematici di approfondimento settoriale dell’offerta disponibile sul mercato industriale italiano. L’inserto “e-@utomation”, dedicato all’integrazione tra impresa e produzione, completa la copertura del target di riferimento offrendo una panoramica sulle più innovative tecnologie e metodologie di gestione integrata dei processi aziendali. Automazione Oggi si rivolge soprattutto alla direzione tecnica aziendale, ai progettisti, ai system integrator, ai costruttori e agli utilizzatori di macchine e impianti automatici, ai direttori e ai tecnici di produzione, I.T. manager e responsabili controllo qualità operanti nei vari settori manifatturieri. Distribuita in abbonamento e mailing list.

 

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