Ingenio - Settembre 2018

Ingenio Settembre 2018

Internazionalizzazione ed innovazione

Le chiavi per uscire dalla crisi con al centro l’ingegnere italiano

a cura di Cristian Randieri

Innovation Cristian Randieri

La figura dell’Ingegnere Italiano per sostenere l’eccellenza italiana in termini di internazionalizzazione ed innovazione

La nostra professione assieme alle società d’Ingegneria Italiane rappresenta oggi potenzialmente l’eccellenza per il settore dell’Hi-Tech design & consulting, confermandosi come uno dei più importanti driver per la ripresa del nostro Paese, ma per la loro crescita effettiva restano ancora almeno due importanti gap da colmare che in sintesi sono rappresentati dai concetti di internazionalizzazione ed innovazione tecnologica dettati dalla vera e propria rivoluzione digitale che ci sta investendo, meglio definita mediante il ben noto concetto di industria 4.0. Una rivoluzione che ha un effetto dirompente non solo sull’intero settore tecnologico ma anche su tutti gli altri settori economici e della società imponendo dei cambiamenti repentini, continui e pervasivi.

Capacità di anticipare le nuove tecnologie e diversificazione del servizio

Se da un lato ancora oggi molti nostri colleghi riescono a confermare la propria eccellenza nel settore tecnologico dall’altro non dobbiamo mai dimenticare che per trainare la crescita del Paese occorre dotarsi di competenze utili per poter “leggere” in anticipo il contesto dinamico nel quale sono continuamente inserite. Questo concetto influirà positivamente sulla loro capacità di testare nuove tecnologie o servizi affermandosi anche nei mercati esteri, rispetto a tutti i concorrenti che ritarderanno il processo di innovazione interna. Se a tutto ciò aggiungiamo che in un economia globalizzata i vantaggi che le azioni di internazionalizzazione per la nostra professione costituiscono un enorme opportunità anche in relazione alle difficoltà che quest’ultime hanno incontrato a partire dalla profonda crisi avvenuta a partire dal 2008. La possibilità di affacciarsi ad altri mercati, di fatto, rappresenta una chiave di successo e di sopravvivenza grazie alla quale è possibile intercettare in modo proattivo nuove opportunità di business volte ad affermare l’eccellenza del “Design in Italy” inteso come progettazione made in Italy. Le strategie di internazionalizzazione e di diversificazione del servizio offerto, costituiscono, oggi a maggior ragione, la principale risposta della parte più vitale del sistema produttivo italiano al lungo ristagno economico che purtroppo stiamo ancora vivendo. Non dimentichiamo che l’impatto della crisi in Italia nella nostra professione è stata maggiore rispetto ad altri paesi proprio a causa di una struttura professionale composta prevalentemente da piccole società e studi d’ingegneria, molti dei quali poco propensi ad adottare nuove tecnologie e ad aprirsi a meccanismi di internazionalizzazione. Purtroppo ad una maggiore specializzazione dei leader nazionali tecnologici corrisponde sempre una maggiore polverizzazione in microimprese che di fatto rendono più difficile la trasformazione della nostra professionalità in ecosistemi omogeni digitalmente integrati.

 

L’internazionalizzazione come chiave per uscire dalla crisi

Non è un caso se l’internazionalizzazione figura tra i principali obiettivi strategici chiave dei vari ministeri competenti, specialmente in questa fase di debolezza della domanda interna. L’investimento all’estero da parte delle nostre professionalità finalizzato all’insediamento stabile di attività di progettazione e consulenza diventa determinante, ed è necessario che i nostri colleghi comprendano l’importanza di proiettarsi e di promuoversi non solo al di fuori dei confini nazionali ma anche al di fuori di quelli europei offrendo soluzioni e servizi che da sempre hanno contraddistinto la caratteristica del “fatto bene”. Ne va da sé che l’internazionalizzazione non può prescindere dall’innovazione tecnologica che riveste un ruolo ancora più importante nella fase attuale di ripresa dalla Grande Recessione, che oltre a ridurre il tasso di crescita potenziale, ha generato alti livelli di disoccupazione e un elevato debito pubblico non solo in Italia ma anche in molti altri Paesi industrializzati. Nel breve periodo, caratterizzato ancora da profonde incertezze sulle prospettive economiche a livello globale e finanze pubbliche limitate, per la nostra professione sostenere un alto grado d’innovazione tecnologica è un compito molto arduo. Più che mai è necessaria una strategia comune ben definita che al di là del rallentamento economico permetta alle aziende di continuare ad innovare non solo per aumentare la varietà e la complessità dei loro prodotti per incrementare margini e utili, ma anche per ridurre la complessità e i costi dei loro prodotti.

In Italia, le sfide per promuovere le riforme tese a sostenere innovazione e produttività sono accentuate non solo dal contesto macroeconomico particolarmente difficile, ma anche da una forte pressione competitiva da parte dei Paesi emergenti e da tecnologie e processi produttivi in continua e rapida evoluzione. Innovazione è sinonimo di attività di ricerca e sviluppo che vincola il processo innovativo ad un insieme sempre più articolato di fattori interrelati, fattore imprescindibile da cui l’ingegnere Italiano non può sottrarsi. In un contesto caratterizzato da una maggiore complessità nei processi di innovazione e da costi crescenti, soprattutto per le imprese vicine o prossime alla frontiera tecnologica, la collaborazione tra imprese e la figura del libero professionista ingegnere è diventata una fattore di vitale importanza. Tengo particolarmente a sottolineare che la collaborazione non rappresenta solo un modo per risparmiare sui costi dell’innovazione, ma anche, un modo per estendere la portata di un progetto prettamente innovativo sfruttando le complementarietà con altre realtà. Diverse analisi dell’OCSE confermano continuamente che le entità che sono coinvolte in collaborazioni su processi di innovazione spendono di più per le innovazioni stesse rispetto alle aziende che non collaborano.

Italian Engineer Cristian Randieri

In questo quadro, si è agevolato il consolidamento di una tradizione artigiana italiana, punto di forza del Made in Italy, che trova ragion d’essere nella presenza di tante micro imprese nel mercato. Un elemento quasi di natura “culturale”, che, in un contesto come quello di Industria 4.0, può risultare di assoluto vantaggio per la nostra professione, per sfruttare al meglio le nuove tecnologie per la customizzazione dei prodotti, ma a condizione di un effettivo up-grade tecnologico, anche limitato e specifico, purché reale. La figura dell’ingegnere Italiano rappresenta la disponibilità nel mercato di capitale umano qualificato associato ad un quadro regolatorio snello e flessibile, che sia capace di incidere su fattispecie nuove nel contesto di un mercato in costante evoluzione, rappresentano di fatto le leve con cui sviluppare innovazione e diffondere/utilizzare le tecnologie digitali alla base di Industria 4.0. Un’industria dominata dalle nuove tecnologie e da una tensione naturale all’innovazione deve poter reperire sul mercato capitale umano dotato delle competenze necessarie e adeguate ad alimentare costantemente l’avanzamento tecnologico e il rinnovamento del processo produttivo. Partendo dalla scuola di base, fino all’università, la formazione nelle materie tipicamente “STEM” (Science, Technology, Engineering, Maths) assume un ruolo chiave per poter costruire un bacino di competenze qualificate e alimentare il processo innovativo. E’ proprio su questo in cui i nostri colleghi dovrebbero investire alla luce di una maggiore flessibilità per offrire servizi sempre più all’avanguardia capaci di essere esportati in tutto il mondo.

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Articolo pubblicato su Ingenio – Settembre 2018

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