Automazione Oggi - Giugno/Luglio 2017

AO Giugno/Luglio 2017

Panorama

L’automazione vola sulla spinta ‘4.0’

Parte I

 

a cura di Ilaria De Poli

Per il quarto anno consecutivo il comparto Automazione rappresentato in Anie mostra un andamento positivo e gli incentivi del Piano Industria 4.0 fanno ben sperare per il prossimo futuro, così ha riferito Fabrizio Scovenna, presidente Anie Automazione, presentando l’Osservatorio 2016 a SPS Italia 2017

L’automazione vola: in base ai dati 2016 rilevati dall’Osservatorio Anie Automazione, presentato dal presidente Fabrizio Scovenna in occasione di SPS Italia 2017, il comparto registra infatti un +10% in fatturato sui livelli precrisi confermando il proprio dinamismo. Per arrivare a questo risultato ha di certo contribuito il varo del Piano Calenda di incentivazione dell’aggiornamento del parco macchine dei settori a valle, nonché di incoraggiamento all’innovazione tecnologica in linea con l’idea di Industria 4.0, Piano che si prevede prolungherà i propri benefici anche nel 2017. Il settore dei costruttori di macchine, del resto, come rilevato da Ucimu, ha realizzato risultati al di sopra della media in questo 2016 con un incremento medio annuo degli ordini di macchine utensili vicino all’1,5% grazie soprattutto alla ripresa del mercato interno, dove i settori farmaceutico e automotive hanno fatto da traino, mentre altri settori tipici del made in Italy, quali tessile e abbigliamento, hanno maggiormente risentito del rallentamento del canale estero. A livello macroeconomico, infatti, le esportazioni hanno risentito dell’indebolimento delle economie dei Paesi emergenti, Cina in testa, dove il tasso di sviluppo è stato inferiore alla media del decennio nono-stante il Paese continui a essere il primo produttore manifatturiero a livello globale e il secondo mercato mondiale per importazione di beni. Hanno invece dimostrato una maggiore tenuta le economie dei Paesi avanzati, prima di tutto gli USA che hanno mostrato un rafforzamento della ripresa tanto che nell’ultimo quinquennio la domanda di beni strumentali è cresciuta a un tasso medio annuo vicino al 5%; moderati infine gli incrementi della EU-28, dove la crescita su base annua della produzione industriale per il manifatturiero 2016 si è attestata prossima al 2%. In questo contesto, dove l’industria elettronica italiana, comprensiva delle tecnologie per l’ICT, ha evidenziato un andamento eterogeneo, l’automazione industriale manifatturiera e di processo ha registrato in-vece nel 2016 un volume d’affari aggregato pari a 4,3 miliardi di euro e una crescita del fatturato del 4%, in linea con le tendenze al rialzo evidenziate nel precedente triennio. La quasi totalità dei segmenti merceologici che compongono il comparto ha evidenziato un andamento di segno positivo, anche se con tassi di crescita differenziati. Nello specifico, hanno registrato un maggiore dinamismo i segmenti Wireless, Telecontrollo, Motori brushless, Azionamenti. Da notare che a differenza delle tendenze degli ultimi anni, nel 2016 la domanda interna è stata determinante per la crescita grazie anche alla presenza delle agevolazioni fiscali per gli acquisti di beni strumentali. Più in generale, la domanda lungo la filiera di tecnologie per l’automazione industriale si conferma trainata dalla crescente attenzione del mercato verso soluzioni in-novative per il rinnovamento dei processi in linea con il paradigma Industria 4.0. Il canale estero ha comunque mantenuto un ruolo importante: guardando alle esportazioni dirette nel 2016 le vendite estere di tecnologie per l’automazione industriale hanno mostrato un incremento su base annua del 2,2%. Su questo andamento si è riflessa positivamente la tenuta della domanda europea, che ha assorbito quasi il 60% delle esportazioni totali. Secondo i dati Eurostat, nel 2016 gli investimenti hanno mantenuto nella media europea un profilo positivo, beneficiando della crescita della componente Macchinari e Attrezzature, che ha evidenziato una variazione annua vicina al 4%. Fra i mercati europei la Germania, con una quota pari al 13% sul totale esportato, si conferma come primo mercato di sbocco delle tecnologie made in Italy, mostrando una domanda vivace e superiore al 5% annuo, seguita dalla Spagna. Lo scenario legato ai mercati extra europei ha invece mostrato un’elevata instabilità. Negli ultimi mesi dell’anno, poi, si è registrato un certo recupero in importanti mercati emergenti, il che potrebbe fornire nuova linfa alle esportazioni dell’industria manifatturiera italiana. L’avvio di un nuovo ciclo internazionale di acquisti di macchinari e impianti potrebbe svolgere un ruolo centrale in questo percorso. Guardando ai più recenti dati Istat, fra la fine del 2016 e l’inizio del 2017 le esportazioni di beni strumentali hanno acquisito nuovo slancio. Nelle più recenti previsioni del Centro Studi Confindustria, infine, gli investimenti in Macchinari e Attrezzature e in Mezzi di Trasporto in Italia potrebbero evidenziare nel biennio 2017-2018 un incremento medio annuo vicino al 3%, riflettendosi positivamente sull’andamento dell’industria italiana dell’automazione industriale manifatturiera e di processo, portatrice di innovazione nei processi e nelle reti.

La voce dei protagonisti

Abbiamo voluto sentire dalla voce di alcuni rappresentanti delle aziende più attive del comparto quali aspettative hanno per il futuro e come si posizionano rispetto ai dati ‘ufficiali’ rilevati da Anie per il settore dell’automazione. Ecco cosa ci hanno risposto: Alessandra Boffa, business development manager, RM Division, di ABB (www.abb.it), Massimo Bartolotta, machinery OEM segment manager Italia di Eaton (www.eaton.it), Marco Bubani, direttore Innovazione di VEM sistemi, system integrator (http://vem.com), Marino Crippa, responsabile vendite distribuzione ed end user e project leader Industry 4.0 di Bosch Rexroth (www.bo-schrexroth.com/it), Michele Dalmazzoni, collaboration & industry digitization leader di Cisco Italia (www.cisco.com), Alberto Griffini, product manager avanced PLC&Scada di Mitsubishi Electric (https://it3a.mitsubi-shielectric.com), Paolo Mazza, marketing e innovation director di Blueit, operatore di servizi in grado di supportare la costruzione di progetti di integrazione e di Technology Transfer (www.blueit.it), Edgardo Porta, direttore marketing di Rittal (www.rittal.it), Cristian Randieri, presidente e CEO di Intellisystem Technologies (www.intellisystem. it), Francesco Tieghi, responsabile digital marketing di ServiTecno (www.servitecno. it), Claudio Valtorta, business solution architect di MHT, system integrator che sviluppa progetti gestionali in ambito ERP e CRM per il settore manifatturiero, riconosciuto da Microsoft come primo ‘Manufacturing Partner’ in Italia (www.mht.net), Roberto Vicenzi, vicepresidente di Centro Computer, system integrator da 30 anni attivo in ambito tecnologico (www.centrocomputer.it).

Automazione Oggi: Il Piano Industria 4.0 sta avendo un impatto positivo sul comparto della meccanica, riattivando gli investimenti. Dal vostro punto di osservazione cosa ne pensate? Quali elementi positivi contiene il Piano, tali da ‘aiutare’ il mercato dell’automazione, e quali rischi nasconde?

Marco Bubani: Il Piano Industria 4.0 ha catalizzato molto interesse da parte delle aziende del comparto della meccanica, che stanno valutando gli interventi da effettuare. L’elemento più positivo del Piano è che si tratta di incentivi ‘automatici’, ossia non occorre partecipare a bandi per ottenerli, e spesso sono anche cumulabili. Insieme ai bassi tassi di interesse rappresentano un’occasione storica, forse irripetibile, per aiutare chi vuole investire. Il rischio è che alcuni provvedimenti, come per esempio l’iperammortamento, non siano sfruttati appieno perché attivi per un periodo troppo breve per poter programmare, progettare e implementare investimenti così importanti. Sarebbe auspicabile una loro proroga per almeno tutto il 2018. Inoltre, se non viene compreso appieno il potenziale di questo incentivo, si rischia di procedere a un mero rinnovo del parco macchine, che saranno tutte connesse alla rete senza però essere in grado di capitalizzare la mole di dati resi disponibili.

Francesco Tieghi: Il vero limite del Piano Nazionale Industria 4.0 è l’incentivo limi-tato al software. Nella primissima stesura della parte della Legge di Bilancio relativa a Industria 4.0 non vi era alcun riferimento a incentivi per le piattaforme software di supervisione, storicizzazione, analisi e reportistica: iper e superammortamento erano legati solo a investimenti in beni fisici. L’introduzione del software è stato certamente un passo avanti, ma a ben vedere rimangono alcuni vincoli: come noto il software da solo non è incentiva-bile, deve essere legato a un investimento anche in beni materiali e questo già è un limite per chi sta pensando a un ‘semplice’ upgrade dei sistemi. Questo concetto è assolutamente in controtendenza rispetto alle ultime direttive e best practice che sottolineano come aggiornare i sistemi porti a migliorie sia dal punto di vista dell’efficienza, sia della security, concetto che sugli impianti di processo spesso fa rima con safety. In secondo luogo l’incentivo statale sulla parte software è del 140%, ben lontano dal 250% associabile a macchinari e altri beni fisici, dunque sta certamente impattando sul mercato italiano ma con risultati meno eclatanti di quanto avrebbe potuto.

Edgardo Porta: Il Piano Industria 4.0 rappresenta un programma di rilancio dell’industria italiana molto importante e ben armonizzato dal punto di vista finanziario. Vengono messi in campo strumenti e misure di diversa natura, da cui è lecito aspettarsi un effetto significativo sulle imprese, d’altro canto non è sensato immaginare una crescita immediata e verticale dei fatturati. Investimenti come quelli che il Piano Calenda si propone di promuovere richiedono infatti del tempo per essere studiati, realizzati e per portare quindi a effetti significativi. Tuttavia, i primi segnali sono già evidenti, come testimonia l’incremento del 22% circa rilevato da Ucimu negli ordinativi del mercato interno italiano delle macchine utensili registrato nel primo trimestre del 2017 rispetto all’anno precedente. Si tratta di un’ulteriore testimonianza del fatto che le aziende hanno ben compreso l’importanza di far evolvere i propri sistemi di lavorazione e che stanno intraprendendo un percorso che deve tuttavia affrontare alcune inerzie, prima delle quali la già citata necessità di far fronte a tempi di realizzazione non immediati. Sarà pertanto fondamentale un’oculata gestione delle leve finanziarie incentivanti anche nel corso dei prossimi anni, per dare il tempo alle aziende di muoversi in un’ottica strategica, non solo tattica. Sarà inoltre fondamentale proseguire con impegno nel processo di informazione sul tema, così da dare alle aziende gli strumenti utili a sviluppare appieno le potenzialità del Piano Industria 4.0, portando all’introduzione di sistemi realmente innovativi, che creino sensibili benefici sull’efficienza e la produttività dell’industria italiana. In questo modo, si potrà evitare il rischio del diffondersi di un approccio a questo Piano come pura occasione di defiscalizzazione per l’ammodernamento delle linee produttive esistenti, approccio che potrebbe generare logiche di mercato ‘drogate’, incapaci di innescare reali effetti virtuosi.

Alberto Griffini: La Legge Calenda su Industry 4.0, contenuta nella recente Legge di Bilancio, rappresenta un contributo importante da parte del Governo alla modernizzazione in ottica 4.0 dell’industria italiana. Dopo una fase inizialmente confusa, il perimetro di applicazione della Legge e i benefici fiscali legati a iper e superammortamento sono stati definitivamente chiariti. L’aspetto critico è l’orizzonte temporale, attualmente fissato al 30 giugno 2018, che rischia di generare una corsa precipitosa all’acquisto di macchine o altre tipologie di soluzioni entro la scadenza prevista, causando una successiva fase di ristagno del mercato, senza consentire alle aziende di grandi dimensioni di programmare l’investimento secondo i necessari tempi tecnici di pianificazione. Per questa ragione sarebbe stato auspicabile un periodo di incentivazione più lungo, di almeno tre anni, per garantire un impulso più ampio in cui svariati settori industriali possano ammodernare i propri sistemi secondo l’ottica della fabbrica ‘digitale’.

Claudio Valtorta: Il rilancio degli investi-menti, molto stagnanti dopo anni di crisi, costituisce certamente un’‘iniezione’ ricostituente per molte imprese, che vedono finalmente l’occasione di riproporsi sul mercato, soprattutto a livello internazionale, con nuove opportunità e prodotti più avanzati. Gli effetti benefici si vedono soprattutto nel rafforzamento delle aziende ai vertici nei rispettivi settori, che in realtà non hanno mai smesso di investire per difendere la loro posizione sul mercato. Riteniamo che il Piano Industria 4.0 possa produrre un interessante ‘effetto cascata’, che agisca su alcuni comparti, in particolare su quelli dedicati alla realizzazione di macchinari e strumenti produttivi tecno-logicamente avanzati. Gli investimenti nel settore della meccanica puntano essenzialmente in questa direzione, con l’obiettivo di aumentare la produttività e ridurre il costo del lavoro, rendendo quindi più competitivi i prodotti italiani sui mercati internazionali. L’automazione sempre più spinta tende comunque a scavare un solco tra chi investe significativamente e chi invece rimane fermo, in attesa di tempi migliori, che poi non verranno se non si agisce allineando la propria impresa alle evoluzioni di mercato. Il rischio che ne de-riva è la scomparsa dal mercato di quelle realtà produttive che hanno vissuto di posizioni di rendita e di nicchia senza adeguarsi alla mutata realtà produttiva.

Massimo Bartolotta: Il Piano Industria 4.0 rappresenta senza dubbio una grossa spinta verso la trasformazione tecnologica dell’industria italiana. L’elemento davvero positivo è il fatto che il Piano si rivolge a tutti gli attori del manifatturiero: non è solo il cliente finale a essere stimolato, mediante misure come super e iperammortamento e Nuova Sabatini, bensì anche il costruttore di macchine, attraverso la misura del credito d’imposta per Ricerca&Sviluppo, che premia i costruttori che decidono di fare innovazione in chiave Industria 4.0. Il fornitore di componenti dovrà quindi preoccuparsi di possedere nel proprio portafoglio prodotti soluzioni in grado di mettere costruttore e cliente finale nelle condizioni di rispettare i requisiti richiesti e sfruttare così i benefici offerti. Il Piano promuove inoltre infrastrutture di rete sicure e una maggiore collaborazione alla definizione di standard di interoperabilità internazionale, oltre a creare competenze e stimolare la ricerca mediante percorsi formativi ad hoc e diffondere la conoscenza, il potenziale e le applicazioni delle tecnologie Industria 4.0: è sicuramente un segnale positivo.

Michele Dalmazzoni: Il Piano non può che essere definito positivo, per diversi motivi. Prima di tutto ha rimesso al centro l’impresa e ha aiutato il settore e gli imprenditori a sviluppare un’adeguata consapevolezza sul tema della digitalizzazione e dei relativi benefici in ambito industriale e manifatturiero. Un altro aspetto positivo è sicuramente la sostanza di questi incentivi, che portano vantaggi realmente tangibili. Si tratta di un importante contributo che può e deve indurre le imprese a cogliere il momento, oggi. Anche il fatto che oltre il 20% degli investimenti dei pro-getti che beneficiano degli sgravi fiscali debba essere fatto entro la fine dell’anno, è sicuramente positivo, perché dà un’ulteriore accelerazione alla digitalizzazione del settore. Il rischio che il Piano nasconde è invece quello di essere molto centrato sulle macchine connesse o connettibili. In realtà il tema della smart industry è molto più ampio. Dovendo poi certificare questi progetti per poter beneficiare degli incentivi, il fatto che sia molto focalizzato sulla macchina connessa rischia di limitare i vantaggi a un aspetto molto specifico, rispetto al tema più generale della digitalizzazione dell’industria. Per far parte di certe filiere, per esempio, le aziende italiane devono smaterializzare tutta la parte documentale e digitalizzare tutti i documenti di plant e fabbrica. Per fare questo è necessario avere un’infrastruttura di rete adeguata e una wi-fi di fabbrica. Questo tema non è necessariamente legato alla connessione della macchina, ma è comunque fonda-mentale nell’ambito della digitalizzazione legata all’Industria 4.0.

Roberto Vicenzi: Il Piano Industria 4.0 prevede nuove opportunità per le aziende manifatturiere che possono innovare i loro sistemi di produzione, focalizzandosi sull’incremento di quei sistemi IT che migliorano e integrano le varie comunicazioni (voce, dati, web conferencing) e soprattutto, che agevolano gli analytics per l’analisi dei dati. Per le imprese di produzione saranno anche indispensabili gli investimenti per il cambio culturale dei loro manager e per inserire collaboratori negli ambienti di produzione in grado di sfruttare le nuove potenzialità informatiche per aumentare la produttività. Riteniamo inoltre importante che il Governo riesca a prevedere un’estensione temporale del piano di incentivi che oggi potrebbe concludersi il 31 dicembre 2017. Per le imprese è altresì importante che il Piano non venga affrontato solo per sfruttare gli incentivi fiscali, ma sia visto come un’occasione unica per trasformare la fabbrica utilizzando le moderne tecnologie digitali e l’interconnessione come acceleratori dell’evoluzione del modello produttivo.

Cristian Randieri: Sulla scia della best pratice degli altri Paesi europei, anche l’Italia si sta proiettando verso l’Industria 4.0. Il Piano Nazionale è ben strutturato e contiene diversi elementi positivi, tali da aiutare in modo concreto il mercato dell’automazione. Più in dettaglio è possi-bile notare due indirizzi chiave che, da una parte, puntano a sostenere gli investimenti rivolti all’innovazione e Ricerca&Sviluppo, in modo da favorire la digitalizzate aziendale, dall’altra puntano a incrementare il know-how, sviluppando le competenze necessarie per essere competitivi sul mercato. Il Piano risulta però molto articolato e questo potrebbe scoraggiare le PMI; inoltre, molte realtà interpretano il concetto di innovazione in termini di automazione totale della fabbrica, senza valorizzare invece le competenze interne del personale. Ricordiamoci che al made in Italy si associa l’idea del ‘bello’ e ‘fatto bene’: la fabbrica intelligente deve dunque integrare persone e strumenti; d’altro canto senza le persone non vi sono né strumenti né innovazione. I rischi riguardano anche i problemi interpretativi della Legge. Occorrerebbero dunque strumenti capaci di ‘accompagnare’ le imprese anche piccole ad avviare un percorso che non sia solo di risparmio economico, ma che sia in grado di portare l’ammodernamento con un vero cambio di passo. Purtroppo ancora oggi mancano i Competence Center e i Digital Innovation Hub che dovrebbero aiutare le PMI a trarre beneficio dal Piano e soprattutto a dare una prospettiva strategica agli investimenti. Industria 4.0 deve poter far leva sulla creazione di un eco-sistema qualificato di partner, capaci di accelerarne il percorso. I manager devono compiere le scelte corrette grazie alla presenza di figure professionali capaci di guidarli verso la verifica dei requisiti per fruire delle agevolazioni. Questo percorso richiede figure professionali nuove, specializzate in innovazione digitale e capaci di valutarne pienamente l’impatto in termini di cost saving e vantaggio competitivo.

Marino Crippa: Il Piano sta dando sicuramente un impulso importante e fondamentale all’introduzione di un approccio ‘Industry 4.0’, consentendo il passaggio dalla discussione all’azione. Supportare l’investimento sia hardware che software dando regole di indirizzo e non attraverso bandi di finanziamento, ha aggiunto maggiore flessibilità e incisività. La prevista scadenza a fine 2017, però, se non prolungata, potrebbe portare al rischio di aziende con macchine 4.0 che lavorano su processi che non sfruttano appieno le potenzialità offerte da un sistema di produzione connesso. Rivedere i processi è la vera sfida e difficilmente la si può vincere in 12 mesi…

Paolo Mazza: Il Piano Industria 4.0 è uno strumento importante per aiutare il Paese, e soprattutto le PMI, a cogliere un’opportunità storica. È una leva utile e immediata per portare innovazione al comparto, partendo dalla produzione e spingendo il mercato sul fronte sia della domanda, sia dell’offerta, creando valore in modo pragmatico e graduale. I principali elementi positivi riguardano l’ampiezza della tipo-logia di interventi che sono inclusi nelle agevolazioni, perché questo approccio aiuta a progettare azioni serie che coinvolgono diversi aspetti dell’azienda. Il rischio potrebbe essere quello di considerarlo un semplice strumento di ottimizzazione fiscale, come è capitato a volte in passato, ma la campagna di informazione in atto da parte di molti degli attori interessati sta contribuendo molto a creare consapevolezza sulla portata storica del Piano.

Alessandra Boffa: Il Piano Industria 4.0 è uno strumento prezioso per rilanciare gli investimenti in ambito produttivo. Per restare al passo con la rivoluzione industriale in atto a livello globale e difendere la propria competitività, le aziende italiane devono investire nei propri asset produttivi, acquisendo non più e non tanto soluzioni mature e consolidate, ma tecnologie innovative. Questo è il messaggio forte nell’ambito della meccanica e dell’automazione, ed è un messaggio che viene recepito se guardiamo i numeri pubblicati da diverse associazioni di categoria. Naturalmente il Piano non è la soluzione definitiva e la finestra temporale piuttosto ristretta comporta qualche complicazione nella gestione fiscale degli investimenti e degli incentivi. Si tratta però sicuramente di un buon punto di partenza, che porta benefici immediati agli end user e ad altri soggetti, come costruttori di macchine, integratori e impiantisti che prendono confidenza con le innovazioni. Francamente, l’unico rischio che vedo è quello di non fare questi investimenti e rimanere esclusi dal mercato.

A.O.: Il concetto di Industria 4.0 ha aperto la strada all’avvento sul palcoscenico dell’automazione dei ‘big player’ del mondo IT: in che modo questo modifica il panorama del comparto? Quali opportunità apre la presenza di soggetti provenienti dal mondo IT e quali criticità?

Dalmazzoni: Nel momento in cui si affronta la trasformazione digitale, il mondo IT deve integrarsi con quello OT (Ope-ration Technology), convergendo verso una ‘enterprise technology’, ovvero con piattaforme integrate che garantiscono l’accessibilità del dato a chiunque ne abbia bisogno in azienda. Ciò significa usufruire di tecnologie e di standard maturi anche nell’ambito OT, così come avere un approccio interdisciplinare dove IT e OT lavorano insieme. E la sfida è proprio questa. Una sfida che verrà vinta da quelle imprese che riusciranno a compiere questa transizione prima delle altre e quindi a definire un’organizzazione di governo delle tecnologie integrata e non ‘a silos’. Il rischio è procedere senza una revisione profonda e coordinata delle piattaforme e delle governance, con patchwork tecnologici che non rappresentano la piattaforma adeguata per questa nuova normalità rappresentata dal mondo digitale.

Valtorta: La presenza dei grossi player del mondo IT costituisce un elemento positivo in quanto allarga le possibilità di offerta di soluzioni, rendendole più standardizzate e fruibili anche in termini economici. L’ampliamento del mercato offre l’opportunità di creare proposte economicamente più accessibili anche a realtà aziendali che finora non potevano permettersi di acquisire soluzioni tecno-logicamente avanzate, in quanto troppo costose. L’abbassamento della soglia di ingresso è anche il risultato dell’introduzione sempre più ampia di elementi IoT (Internet of Things) che permettono di governare molte situazioni attraverso dispositivi elettronici e software di maggiore efficienza a parità (più spesso diminuzione) dei costi. Il rischio cui si potrebbe andare incontro è tuttavia un successivo restringimento dell’offerta nel caso le altre aziende che operano nel settore dell’automazione non riescano a reggere il confronto con i big player. Ne deriva la necessità per queste aziende di continuare a mantenere una propria specificità, valorizzando sempre al massimo il proprio know-how e gli investi-menti in ricerca e sviluppo, per conservare la propria posizione di mercato e competenze specifiche.

Porta: L’ingresso sul palcoscenico dell’automazione di importanti player del mondo IT non è un fatto inatteso. La crescente pervasività delle tecnologie informatiche in ambito produttivo ha creato già da tempo i presupposti per questo passo, che anzi sembrerebbe essere stato effettuato con estrema calma da tali operatori. Così come tutti gli esperti sono concordi nel prevedere un’evoluzione delle professionalità (peraltro già avviata), con lo sviluppo di figure in cui si integreranno sempre più competenze di diversa natura (automa-zione, elettronica, informatica, meccatronica…), è prevedibile un’evoluzione del mercato in cui le offerte informatiche, elettroniche, meccaniche e di automazione sa-ranno compresenti e interoperabili. Solo a titolo di esempio, basti pensare a come lo sviluppo di Industry 4.0 muti radicalmente la quantità di dati da gestire in produzione e crei i presupposti per l’applicazione di soluzioni informatiche dislocate in campo. L’ingresso di questi nuovi soggetti potrà aprire nuove prospettive ad ampliare ulteriormente la gamma di benefici ottenibili da Industria 4.0, ma si dovrà rapportare, almeno all’inizio, a una realtà in cui la di-visione tra diversi dipartimenti è spesso ancora netta. Le aziende IT, abituate a interloquire unicamente con il loro pubblico tradizionale, dovranno fare proprie anche le logiche, le esigenze e le peculiarità del mondo dell’automazione, per offrire prodotti capaci di inserirvisi in modo virtuoso e di rappresentare complementi funzionali alle tecnologie già presenti nel settore.

Randieri: L’Italia, oltre a essere il secondo mercato manifatturiero in Europa, ha più del 50% del PIL derivato dal settore manifatturiero e relativo indotto. Così sta attirando la presenza di diversi big player, che mirano a investire nelle aree riguardanti l’innovazione nei mercati manifatturiero e alimentare. Tutto nell’ottica della semplificazione della tecnologia, offrendo alle imprese l’opportunità di essere più veloci, efficaci e di conseguenza competitive. Ciò modificherà anche il panorama del comparto automazione, ponendo l’accento sull’importanza di ripensare le soluzioni offerte in chiave sempre più personalizzata e in ottica ‘green’, per contenere l’impatto ambientale. Non solo, assisteremo anche alla progressiva migrazione dell’offerta verso il servizio, che diverrà centrale rispetto al prodotto, marcando ancora di più l’esigenza di un approccio 4.0 anche per la supply chain e value chain. Tra le varie opportunità tendo a sottolineare quella che riguarda la formazione, con riferimento non solo alle nuove figure professionali, per esempio quella del service engineer, ma anche in riferimento alla riqualificazione del personale esistente. Proprio quest’ultimo è da intendersi come risorsa preziosa che, grazie all’acquisizione di un nuovo know-how nonché nuove competenze e disponibilità dei dati forniti dall’IIoT (Industrial IoT), sarà in grado di aumentare la capacità produttiva aziendale, contribuendo alla progressiva migrazione da un’automazione industriale a un’automazione cognitiva.

Boffa: Il tema dell’interazione e dell’integrazione fra automazione e informatica (OT e IT) è complesso. Con la digitalizzazione succederà che nei mercati, così come nei meccanismi che coinvolgono i processi produttivi, si creeranno ecosistemi completamente nuovi, sia con l’arrivo dei colossi dell’IT, sia con la nascita di aziende e figure professionali nuove. Tutte le tipologie di aziende dovranno evolversi in tal senso: utenti finali, impiantisti, system integrator, start-up e multinazionali. L’avvicinamento fra IT e OT e la velocità con cui si sviluppano sia queste nuove tecnologie, sia le opportunità che offrono sono superiori alla velocità di metabolizzazione del mondo industriale. Quindi, se da un lato è chiara la direzione che abbiamo intrapreso, dall’altro non è ancora ben definito né il percorso, né l’approdo finale di questa evoluzione. Quello che è certo è che il processo è iniziato ed è inarrestabile… e gli scettici devono capire che chi non si adegua è a rischio di sopravvivenza.

Crippa: La convergenza tra automazione e ITC in ambito produttivo consentirà il trasferimento di practice tipicamente informatiche anche in ambito industriale. Mi aspetto una maggiore velocità di evoluzione nelle architetture dei sistemi di fabbrica, l’accesso a funzionalità come il cloud, che aprono orizzonti nuovi soprattutto per le PMI, che permeano il tessuto industriale italiano. Ovviamente tutto questo fa il paio con una diversa consapevo-lezza della sicurezza di fabbrica, che dovrà passare da fisica a informatica. Il tema della cyber-security sarà sempre più rilevante nei prossimi anni.

Bartolotta: Una delle principali opportunità è la possibilità di creare piattaforme multi-IoT capaci di mettere in rete le macchine tramite cloud. È così possibile raccogliere i dati in modo ottimizzato da tutti i tipi di macchine e di applicazioni grazie a un’architettura unificata. Una volta stabilito un flusso continuo dei dati tra i di-versi livelli di comunicazione, è possibile effettuare un’analisi delle informazioni raccolte. I dati ottenuti, o Big Data, possono essere ulteriormente analizzati attraverso le nuove tecnologie, per porre le basi per la gestione di smart factory. Il cloud permette di memorizzare Big Data per periodi di tempo più lunghi, rendendo i dati accessibili a terze parti come partner e data analyst. Un elemento di criticità potrebbe essere costituito dalla cyber-security. Tuttavia, un adeguato approccio alla sicurezza informatica, dal componente di automazione al cloud, unito ai più alti li-velli di sicurezza per il cloud data center, minimizzano il numero di potenziali punti deboli e forniscono le basi per una piatta-forma affidabile.

Mazza: In realtà il mondo IT parte un po’ in rincorsa su questi temi: vediamo molto più pronti e reattivi i player che arrivano dal mondo dell’automazione, in tutte le sue componenti. Sicuramente per la conoscenza più approfondita del comparto e anche per la possibilità di accedere alla loro base di clienti partendo dagli interlocutori giusti, dal direttore di produzione, al direttore della logistica e via dicendo. Quello che vediamo all’orizzonte è una crescente interazione dei due mondi e immaginiamo si configurerà una mappa di partnership e collaborazioni tra i grandi player dei due settori.

Vicenzi: Per vendor e operatori del comparto IT vi sarà un mercato nuovo da approcciare, che si amplierà ulteriormente e che richiederà la specializzazione di nuove risorse tecniche e commerciali competenti e capaci di dialogare con i manager degli ambienti di produzione. La trasformazione digitale in atto e il Piano Industria 4.0 funge da vero e proprio acceleratore per tutte quelle attività che contribuiscono a indirizzare al meglio le esigenze di business che le imprese devono affrontare e vincere, cambiando i processi in ufficio, negli ambienti di produzione, nella stessa vita privata. Personalmente penso che la trasformazione digitale sia appena iniziata ed entro il 2020 scopriremo e conosce-remo tante interessanti novità.

Tieghi: L’avvento del cloud e soprattutto del SaaS (Software as a service) nelle applicazioni di automazione è certamente il risultato dell’avvicinamento al mondo industriale delle grosse compagnie IT: l’idea è che, se anche la diretta supervisione ancora per qualche tempo risiederà sull’impianto, tutte le attività di storage e analisi migreranno su altri sistemi con risultati eclatanti. Era prevedibile che ‘dare in pasto’ i dati a chi si occupa di analizzarli da anni avrebbe innalzato il livello delle applicazioni OT. E infatti il mercato delle piattaforme di analisi e reportistica sta sempre più spostandosi su cloud e la visualizzazione dei dati su dispositivi mobili; stesso discorso per quanto riguarda la storicizzazione del dato, per la quale l’utilizzo della nuvola offre prestazioni ed elasticità non raggiungibili con l’utilizzo di server fisici. Per quanto riguarda le criticità, probabilmente tra qualche anno verranno create delle divisioni ad hoc anche dai big player IT, ma al momento quello che si vede è un approccio un po’ troppo generalista da parte di queste società, che mirano ad accordi globali con i loro clienti, salvo poi delegare lo sviluppo della parte OT dei progetti di digitalizzazione a terze parti, società che non hanno la stessa ‘potenza di fuoco’.

Bubani: Riferirsi alla digitalizzazione dei processi industriali con il suffisso 4.0 accanto a Industry potrebbe trarre in inganno, focalizzando l’attenzione su una sorta di upgrade secondo cui in un preciso momento tutto quanto si trova prima è Industry 3.0 e tutto ciò che viene dopo diventa Industry 4.0. In realtà non è proprio così: si tratta di una trasformazione, anche rivoluzionaria, ma graduale. A prescindere dalla terminologia preferita, quando pensiamo alla digitalizzazione dei processi ci riferiamo all’incontro di due mondi, entrambi maturi e consolidati, OT, ovvero le tecnologie che supportano il mondo delle operation, e IT, le tecnologie dell’informazione. Per questo l’ingresso dei big player del mondo IT nell’automazione segna il concretizzarsi di Industry 4.0. Le Operations includono, oltre al processo produttivo, tutta la supply chain, la logistica in ingresso e interna, nonché quella in uscita per servire il cliente, e si tratta di parti del processo industriale in cui la tecnologia è già entrata. Su questo substrato, in parte consolidato, secondo vari livelli di maturazione, l’IT introduce una serie di tecnologie, anch’esse in parte mature, a vari gradi di evoluzione. Ci si potrebbe chiedere se siamo di fronte a una vera e propria rivoluzione o a una semplice e naturale evoluzione, dal momento che si tratta dell’unione di due mondi conosciuti e maturi, se presi singolarmente. Noi pensiamo di trovarci di fronte a una grande trasformazione, perché se non è tanto la tecnologia dell’uno o dell’altro mondo a essere innovativa, quanto il loro incontro, che genera un impatto tale da cambiare radicalmente i modelli di business. Li ottimizza da un lato, ma è in grado anche di trasformali radicalmente. Un’ottima pratica da seguire è non focalizzarsi solo sulla tecnologia, ma ripensare il modello organizzativo e il processo di generazione del valore prima di digitalizzare, altrimenti il rischio che si corre è digitalizzare anche ciò che è sbagliato, come gli sprechi. Uno dei primi esempi è la trasformazione in atto da vendita di prodotti a vendita di servizi. Per esempio Boing non acquista più da Rolls-Royce i motori per gli aerei, ma acquista ore motore, e questo cambia radicalmente il paradigma. A questo punto, Rolls-Royce deve garantire più ore motore possibile per aumentare il proprio business e lo può fare solo se di quei motori conosce esattamente lo stato. Per sapere tutto dei propri motori deve riempirli di sensori per avere le informazioni che devono essere raccolte, elaborate, studiate e interpretate. È sulla base di queste informazioni che Rolls-Royce cambia il modello di business. Pensiamo per esempio alla ricambistica, quando il motore diventa un ‘servizio’, il guadagno sta nel realizzare motori che non si guastano e questo va a impattare direttamente su tutta la filiera di Rolls-Royce compresa la progettazione dei motori stessi.
Un approccio che fino a qualche anno fa non solo non era possibile ma neppure pensabile. Oggi diventa reale perché l’incontro tra il mondo della produzione e quello dell’informazione consente di raccogliere ed elaborare questa grande mole di informazioni sulla cui base andare a ripensare i modelli di business. E l’ingresso dei Big dell’IT nel mondo della produzione sta portando delle opportunità, un segnale che non si tratta di un fuoco di paglia, ma rappresenta una grande opportunità per rendere le aziende più competitive. Chi lo cavalcherà tra i primi avrà un grande vantaggio competitivo, probabilmente chi non lo farà rischierà di rimanere fuori dal mercato. Inoltre, il fatto che i big player dell’IT si interessino a questo mondo non potrà far altro che accelerare il processo, che sarà in un certo senso rapido ma non così tanto come il termine 4.0 potrebbe lasciar intuire. Rispetto alle prime tre rivoluzioni industriali, che hanno avuto un’estensione pluridecennale, questa sarà più rapida, ma non si esaurirà nel giro di un anno o due, sarà un processo in evoluzione, soprattutto perché le aziende e i processi produttivi sui quali l’IT si innesta non hanno livelli di digitalizzazione omogenei. Ci troviamo di fronte a un panorama che include aziende con un livello di evoluzione molto spinta, come le citate Boing e Rolls-Royce, ad aziende che non hanno nulla di Industry 4.0, hanno un processo e una filiera molto disgregata, hanno macchine datate quindi non in grado di comunicare in formazioni, anche perché sarebbe impegnativo acquistare macchinari più avanzati quando il lifecycle di impianti e macchinari è molto lungo e non è ancora arrivato il momento di cambiarli. Un substrato quindi variegato e multi-forme a seconda di industry, distretto produttivo e singola azienda: in ognuna la trasformazione genererà impatti differenti e avrà un ciclo di fattibilità diverso. Vi sono tecnologie IT che possono essere comuni a tutti i progetti di Industry 4.0 e tecnologie più verticali. La sensoristica per generare e raccogliere le informazioni, le reti di trasporto, i layer software di analisi e correlazione fino ad arrivare a tecniche di machine e deep learning, che trasformano i dati in informazioni utili e quindi in valore reale per l’azienda: questi sono gli elementi comuni a tutti i progetti. Vi sono poi altre tecnologie più verticali, come la stampa 3D o i simulatori, che sono sicuramente applicabili all’industria ma non è detto che siano collocabili indistintamente in tutti i distretti o settori. Il concetto che sta alla base di Industry 4.0 è l’integrazione di tecnologie esistenti e differenti fra loro, che opportunamente combinate caso per caso supportano le aziende nel loro processo di trasformazione del business. Il ruolo di un system integrator come VEM quindi assume una valenza strategica nell’accompagnare il cliente, l’azienda industriale, in un viaggio che lo porta piano piano ad adottare queste tecnologie per rendere il suo processo più innovativo, aiutandole e rimanere competitive in uno scacchiere che sta velocemente cambiando.

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Tavola Rotonda pubblicata su Automazione Oggi N. 399 – Giugno/Luglio 2017 – Anno 33

AutomazioneOggiÈ il mensile dedicato al mondo dell’automazione industriale e delle relative tecnologie. Oltre a fornire rigorose e dettagliate informazioni su prodotti e software program, componenti, applicazioni, Automazione Oggi segue da vicino il mercato con inchieste, analisi e tavole rotonde. Propone a scadenze regolari l’appuntamento con le “Information”, i supplementi monotematici di approfondimento settoriale dell’offerta disponibile sul mercato industriale italiano. L’inserto “e-@utomation”, dedicato all’integrazione tra impresa e produzione, completa la copertura del goal di riferimento offrendo una panoramica sulle più progressive tecnologie e metodologie di gestione integrata dei processi aziendali. Automazione Oggi si rivolge soprattutto alla direzione tecnica aziendale, ai progettisti, ai system integrator, ai costruttori e agli utilizzatori di macchine e impianti automatici, ai direttori e ai tecnici di produzione, I.T. supervisor e responsabili controllo qualità operanti nei vari settori manifatturieri. Distribuita in abbonamento e mailing listing.

 

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