Fieldbus & Networks N. 89 - November 2016

FN November 2016-3

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Tavola Rotonda

Lavorare ‘mobile’: potenzialità e criticità

A cura di Ilaria De Poli

IL LAVORO STA CAMBIANDO VOLTO INSIEME ALL’AFFERMARSI NEL MONDO INDUSTRIALE DI CONCETTI COME INDUSTRY 4.0, DOVE CONNESSIONE E INTERATTIVITÀ SONO CONSIDERATI PUNTI NODALI: VEDIAMO I VANTAGGI DELLA ‘MOBILITY’

Da una ricerca di IDC è emerso come la spesa mondiale per la mobility sia destinata a crescere dai 1.500 miliardi di dollari del 2016 ai 1.700 miliardi del 2020, trainata soprattutto dal settore della sanità, seguito però a stretto giro da telecomunicazioni e utility. Si sa, viviamo nel Millennio dell’interconnessione, sempre, ovunque e in ogni momento, tendenza che non poteva non contagiare anche il mondo del lavoro, con tutti i vantaggi e gli svantaggi che questo comporta per lavoratori e aziende. In particolare, si può parlare di ‘mobilità’ sia nel senso di modalità operativa di lavoro, ossia adottando soluzioni di telecontrollo e telegestione, che permettano ai tecnici di svolgere molti compiti da remoto, senza spostarsi dalla sede aziendale, funzionalità molto apprezzata da manutentori, tecnici, professionisti dei servizi ecc., sia come approccio lavorativo. Si apre qui, però, una questione delicata, legata da un lato alla flessibilità e all’apertura necessarie nei lavoratori per impiegare al meglio i nuovi mezzi, vale a dire smartphone, tablet, pda ecc., per lo svolgimento dei compiti lavorativi; dall’altro alla modalità ‘always on’, con tutte le problematiche legate a una gestione del personale e degli addetti che potrebbe essere ottimizzata in base alle esigenze dell’impresa e, perché no, del lavoratore stesso. Ma vediamo come la pensano alcuni esponenti di importanti player del settore industriale.

Fieldbus & Networks: Telecontrollo e telegestione: quale è più richiesto? Si tratta di servizi a valore aggiunto o di ‘commodity’?

Alberto Griffini, product manager advanced PLC&Scada di Mitsubishi Electric (it3a.mitsubishielectric.com): “Entrambi i servizi hanno un riscontro positivo dal mercato, mentre però il telecontrollo gode già di una storia piuttosto lunga e consolidata, la telegestione è, tra i due, il servizio più recente, di conseguenza sta registrando la crescita più forte, anche sulla scia dell’enfasi che i concetti di Industry 4.0 e IIoT (Industrial Internet of Things) pongono sulla connettività e sulle operazioni da essa abilitate. Per quanto riguarda la percezione che i clienti hanno di questi servizi, non credo sia possibile riconoscere un orientamento unico. Il mercato si divide in modo piuttosto equilibrato tra chi, ritenendo ormai un’opzione scontata l’utilizzo delle telecomunicazioni per massimizzare la produttività, considera tali pratiche come ‘commodity’, chi invece le ritiene ancora un fattore distintivo di una proposta rispetto alla concorrenza e chi, più restio alle innovazioni per questioni personali o applicative, vede telecontrollo e telegestione con un occhio di diffidenza”.

Raffaele Esposito, product manager safety I/O&networking di Phoenix Contact (www.phoenixcontact.it): “In termini più generali, un possibile collegamento da remoto a una macchina o a un impianto trova maggiore o minore diffusione in funzione del settore applicativo e delle dimensioni e della strutturazione sia del fornitore sia dell’utente finale. Quest’ultimo aspetto coinvolge la capacità del fornitore, che normalmente ha i vantaggi maggiori nel prevedere un tale collegamento da remoto, di evidenziare i benefici che derivano all’utente finale da questo servizio in termini di prontezza di reazione rispetto a un qualsiasi problema che possa presentarsi in campo, o magari anche di spiegare come l’ottimizzazione di alcuni dei servizi possa tramutarsi in risparmio economico per l’utente stesso. È in questa ottica che il servizio potrà di sicuro non essere visto come una complicazione e quindi, come tale avversato, ma sempre più come un plus migliorativo e differenziante per il fornitore per poi con il tempo essere visto dal mercato come una comodity”.

Cristian Randieri, presidente e CEO di Intellisystem Technologies (www.intellisystem.it): “Sotto l’etichetta ‘telecontrollo’ e ‘telegestione’ è possibile raggruppare diversi tipi di servizi e tecnologie, che fanno leva su di una vasta serie di applicazioni che, sulla base di tecnologie informatiche, elettroniche e di telecomunicazione, consentono di controllare e quindi gestire a distanza impianti geograficamente distribuiti o isolati. Oggi tutte le più moderne tecnologie di telecontrollo stanno convergendo sempre più sulle rete IP, infrangendo gli ostacoli relativi ai costi e i confini di utilizzo dei sistemi di telecontrollo tradizionali, basati su bus seriali e proprietari, aumentando gli ambiti delle applicazioni gestibili. Se a tutto ciò aggiungiamo l’esplosione della diffusione di smartphone e tablet, unitamente a dispositivi IoT, ci accorgiamo che il mondo del telecontrollo sta vivendo una vera e propria trasformazione epocale, offrendo maggiore flessibilità in termini di lavoro da remoto. D’altro canto, l’unione di dispositivi mobili e app basate su cloud sta cambiando anche la natura stessa degli ambienti di lavoro, dove spazi aperti e collaborativi e orari non di routine stanno diventando la norma e dove la ‘mobile generation’ si aspetta di poter lavorare ovunque e in qualsiasi momento. Di conseguenza, le aziende si stanno adeguando a questo nuovo concetto di lavoro, in cui telecontrollo e telegestione rappresentano l’anello di connessione di tutte queste tecnologie che di fatto permettono di fare la differenza rispetto ai competitor che non riescono a stare al passo con la convergenza tecnologica. Oggi più che mai le aziende si stanno rendendo conto dell’enorme potenziale di queste soluzioni, convincendosi che gli utilizzi possibili dell’IoT sono molteplici. Basti considerare il report ‘The Internet of Things 2015’, le cui previsioni indicano che entro il 2020 saranno connessi a Internet 34 miliardi di dispositivi, di cui 24 saranno dispositivi IoT. E non è tutto: l’adozione maggiore sarà da parte delle aziende, non dei consumatori. Si prevede che entro il 2020 le aziende avranno installato 11,2 miliardi di dispositivi IoT. Da tutto ciò si deduce che il mercato del controllo remoto crescerà parecchio nei prossimi anni”.

Cristian Sartori, industrial communication product manager di Siemens Italia (www.siemens.it): “Sia il telecontrollo sia la telegestione sono servizi con una sempre maggiore richiesta da parte dei clienti. Nel passato recente vi erano categorie di clienti che utilizzavano solo uno dei due servizi, si pensi ad esempio al classico cliente OEM che necessita di un collegamento verso la macchina remota installata dal cliente finale per un’analisi e poi una soluzione di un guasto. Mentre un servizio di telecontrollo è stato finora prevalentemente utilizzato da utility, come ad esempio gestori delle reti idriche, per collezionare trend sui consumi oppure avvisare gli operatori in caso di un allarme a fronte di superamento di una soglia precedentemente impostata. Ora entrambi i servizi vengono richiesti contemporaneamente sia da parte dei clienti costruttori di macchina sia da chi finora ha implementato classiche applicazioni di telecontrollo. Nel caso del costruttore di macchina si vuole sempre più accedere alle macchine remote non solo per reagire a un guasto, ma per raccogliere dati in modo costante e non solo su richiesta in ottica manutenzione predittiva. Aziende come le utilities richiedono, in parallelo al classico servizio di telecontrollo, un sistema di accesso come la telegestione per poter raggiungere in modo sicuro, veloce e affidabile la stazione remota al fine di aggiornare il firmware, il programma della stazione remota e magari aprire le pagine web per delle verifiche di parametri ulteriori non inserite nel sistema di telecontrollo classico. Siemens ha sviluppato una piattaforma comune per la convergenza tra telecontrollo e telegestione con l’obiettivo di semplificare i servizi offerti e allo stesso tempo dare un sistema di accesso sicuro”.

Nuove infrastrutture e nuove figure professionali

F&N: Quali tool/apparati non possono mancare perché il servizio sia davvero efficace? Che caratteristiche deve avere l’infrastruttura di rete?

Randieri: “Un’azienda che intende lavorare nel campo del telecontrollo deve saper accogliere la sfida cruciale di trasformarsi in azienda ‘virtuale’ e ‘mobile’, garantendo la continuità e la coerenza delle comunicazioni tra dipendenti, partner e clienti. Ciò che occorre è intrinseco al superamento del classico ambiente di lavoro frammentario, scollegato, che determina una riduzione della produttività e la perdita di nuove opportunità. Affinché un servizio di telecontrollo diventi veramente efficace e utile occorre poter lavorare in un ambiente integrato, in cui tutti siano istantaneamente e costantemente connessi, per collaborare senza difficoltà. È la differenza sostanziale tra limitarsi a fare ciò che si deve fare e lavorare in modo organico e sinergico. Sebbene nel mercato esistano molti tool e apparati progettati ad hoc per supportare tutti i processi di telegestione, ciò che manca oggi è una figura professionale che li sappia usare e che faccia non solo da collante verso tutte le altre figure già impiegate, ma rappresenti anche una valida guida per traghettare le aziende verso i nuovi paradigmi di un mercato dinamico e digitalmente integrato. Mi riferisco al ruolo di Chief Digital Officer (CDO) che oggi sta acquistando sempre più importanza. Di fatto, da un sondaggio Accenture è emerso che l’80% delle aziende ha assunto un CDO con l’incarico si occuparsi di assistere l’azienda nello sviluppo e nell’attuazione di una strategia digitale coesiva e può operare in varie posizioni, tra cui anche quella della gestione ad alto livello dei data center operanti nel contesto del telecontrollo. Chiaramente alla base di tutto ciò l’infrastruttura di rete svolge un ruolo fondamentale. Per anni, l’infrastruttura di rete è stata considerata come la base portante di qualsiasi azienda, favorendo nel corso del tempo il raggiungimento di livelli di sofisticazione incredibili. Tuttavia, le moderne esigenze del telecontrollo si basano sui concetti di semplicità di gestione, agilità, scalabilità e sicurezza, imposti dalle strategie di adozione di tecnologie basate su cloud ibrido, che favoriscono la realizzazione di un data center moderno e sicuro, portando in evidenza i limiti della rete fisica. Per superare tali limitazioni di recente si sente parlare del concetto di ‘virtualizzazione della rete’, che accelera i tempi di tale trasformazione. Grazie a questo nuovo concetto è possibile abbattere le barriere delle reti fisiche, conservandone tuttavia l’intera capacità di trasporto, che diventa più semplice da gestire. Questo modello trasformativo consente di erogare i servizi di telecontrollo e telegestione alla velocità richiesta dai concetti di Industry 4.0 e smart manufacturing. Stare al passo con queste tecnologie significa assicurare la disponibilità e il funzionamento costanti delle applicazioni quali requisiti essenziali per tutti gli applicativi che operano in telecontrollo e che offrono teleassistenza. Se si impiega una rete basata su hardware, i costi per la riproduzione della topologia e dei servizi di rete in un sito secondario possono diventare proibitivi. Nel caso della virtualizzazione si tende piuttosto a creare una versione che rappresenti una valida alternativa alla fisicità dell’hardware stesso. Per esempio, grazie alla virtualizzazione della rete, è possibile eseguire una snapshot dell’architettura completa delle applicazioni, senza compromettere le funzionalità, inviarne una copia al sito di back up e utilizzare tale copia per ripristinare la rete virtuale in pochi secondi a prescindere dall’hardware impiegato”.

Esposito: “La definizione dei tool/apparati essenziali per l’esecuzione efficace di un servizio dipendono dalla tipologia di quest’ultimo. Se quello che è necessario svolgere è, per esempio, la ricerca di guasti da remoto su di una macchina o impianto, bisognerà avere a propria disposizione dal punto di vista hardware l’infrastruttura necessaria a stabilire il collegamento tra la sede dell’operatore e l’utente finale. Tale infrastruttura potrebbe essere costituita da due security router disposti fisicamente uno presso il fornitore e l’altro presso l’utilizzatore, capaci di stabilire una connessione punto-punto dedicata, con scambio di certificati, via VPN, in modo che una volta avuta la possibilità di raggiungere la rete remota, l’operatore possa operare sulla stessa per mezzo degli opportuni strumenti software alla ricerca dei guasti. In linea di massima questa infrastruttura deve essere adeguata al tipo di intervento: se ci si deve collegare da remoto a delle telecamere disposte in loco, bisognerà prevedere un collegamento capace di avere l’adeguata capacità di trasferimento dati e l’adeguata velocità di elaborazione degli stessi per poter disporre di immagini chiare e stabili. Da non trascurare mai, ovviamente, la predisposizione di opportune misure di protezione in ambito cybersecurity”.

Griffini: “La risposta d’impulso è semplice: è fondamentale disporre di una rete ben strutturata e di dispositivi efficaci e affidabili. Andando più nel dettaglio, un ruolo imprescindibile è giocato dalla disponibilità di una buona ampiezza di banda per quanto concerne la rete. Implementare questo genere di soluzioni implica infatti la necessità di gestire la trasmissione di grandi moli di dati, di conseguenza è necessario disporre di strutture di comunicazione idonee per abilitare la trasmissione di dati tra i diversi attori coinvolti. A tale scopo, Mitsubishi Electric adotta CC-Link IE, protocollo aperto per Industrial Ethernet in grado di operare con velocità a livello Gigabit. Di fatto, si tratta della tecnologia Ethernet industriale che offre la maggiore velocità di trasmissione. È poi fondamentale estendere la connettività a tutti i livelli della rete, anche quelli di campo, per consentire la raccolta dei dati e le attività di supervisione, monitoraggio e diagnostica fino al singolo dispositivo intelligente. La connettività non deve essere solo estesa a ogni elemento della rete, ma deve essere trasversale all’impianto produttivo e collegare tra loro i diversi layer di rete (di campo, di produzione, di uffici ecc.)”.

Sartori: “I servizi di teleassistenza e telecontrollo per essere davvero efficaci, e quindi realmente utili, devono essere pensati e progettati fin dall’inizio non in un’ottica di tool e apparati, ma con una visione di insieme completa e quindi con una vera soluzione ad ampio spettro. Questo si può realizzare solo tramite un’unica piattaforma includendo sia i sistemi di supervisione come gli Scada, sia le stazioni remote e non ultimo un singolo tool di ingegneria al fine di ridurre le tempistiche/costi di integrazione. L’infrastruttura di rete, in ottica di integrazione teleassistenza/telecontrollo deve essere progettata in modo tale da permettere una rete ad alta capacità. Se prima, per raccogliere dati in una sola variabile con una frequenza giornaliera relativamente bassa erano sufficienti modem GPRS, ora se ci si vuole collegare alla macchina da remoto e raccogliere i dati del gemello digitale, il digital twin, oppure più semplicemente remotizzare la grafica di un HMI installato presso una stazione remota, è necessario utilizzare modem/router con un accesso alla rete mobile di 3G o possibilmente di 4G. Altro fattore di critica importanza è la security (sicurezza) per il trasporto dei dati: i dispositivi di rete devono quindi necessariamente garantire i massimi standard per la protezione dei dati”.

La questione sicurezza

F&N: Un nodo centrale in questo tipo di soluzioni è quello della sicurezza. Che tipi di protezione e accorgimenti è bene prendere?

Esposito: “Malauguratamente la cultura di un’adeguata protezione contro possibili accessi fraudolenti a reti e apparecchiature di tipo industriale, salvo qualche lodevole eccezione, è ancora non sufficientemente diffusa. Anche quando esiste la consapevolezza che aprirsi al mondo esterno può intrinsecamente prevedere rischi che devono essere opportunamente valutati e limitati, la non sufficiente conoscenza delle tecniche e dei dispositivi che rendono questo accesso sicuro (cybersecurity) si tramuta a volte in arroccamenti pregiudiziali che fanno da ostacolo concreto per il fornitore che volesse dotare la propria macchina o impianto con un possibile accesso da remoto. Le possibili soluzioni per un accesso sicuro a una rete Ethernet industriale sono molteplici, flessibili e soprattutto scalabili, per cui risulta sempre possibile individuare quella specifica, con adeguata efficacia, a fronte di un corretto rapporto costi/benefici. A puro scopo esemplificativo possiamo citare la limitazione/eliminazione tramite opportuni dispositivi meccanici del possibile accesso ai punti di connessione locale alla rete non utilizzati, l’utilizzo di dispositivi di infrastruttura di rete dotati della funzionalità di ‘port security’, l’utilizzo di Virtual LAN o di security router per segmentare la rete, l’utilizzo di security router con firewall integrato per realizzare una connessione via tunnel VPN, il collegamento via ‘security cloud ecc.”.

Randieri: “La diffusione di nuovi modelli di business relativi a mobilità, cloud, Internet of Things e Internet of Everything (IoE) rende gli ambienti delle aziende sempre più eterogenei. Gli smartphone, i tablet, gli altri dispositivi end point e le applicazioni web stanno cambiando irreversibilmente il modo in cui si lavora. Tutto ciò impone alle aziende e alle organizzazioni di decidere se permettere a determinati utenti, dispositivi e luoghi di accedere alle reti, ai dati e ai servizi aziendali e in quale misura l’accesso deve essere gestito in livelli a seconda delle esigenze aziendali e degli utenti stessi. Anche se l’IoT offre potenziali vantaggi, il pensiero di tutti questi dispositivi che si collegano alla rete potrebbe rilevarsi un incubo, non solo per i responsabili IT ma anche per tecnici e dirigenti. Il problema che sta alla base del telecontrollo riguarda il superamento del perimetro di sicurezza a causa di comportamenti rischiosi, per cui occorre creare criteri di sicurezza basati su dati contestuali noti e affidabili. Per via dell’elevato numero, i dispositivi remoti da controllare devono essere parte integrante della pianificazione dell’infrastruttura di rete. La rete deve essere abbastanza ‘intelligente’ da classificare e comprendere automaticamente il comportamento dei vari dispositivi remoti. Di conseguenza, i responsabili IT sono chiamati a implementare il giusto set di strumenti per tradurre rapidamente complessi criteri di sicurezza aziendale e severi requisiti di conformità nella loro lingua. Devono essere in grado di programmare l’infrastruttura sottostante on demand e controllare gli accessi alla rete per tutti i dispositivi remoti, senza sprecare tempo e risorse non necessarie. A fronte della maggiore varietà e scala di applicazioni eseguite sulla rete, occorre un framework di criteri che permetta di spostarsi oltre il modello di sicurezza basato sul perimetro per tutti gli elementi connessi. Mano a mano che il numero dei dispositivi remoti connessi aumenta, è sempre più difficile mantenere livelli di sicurezza elevati. Gli attacchi dei criminali informatici approfittano di qualsiasi vulnerabilità dell’ambiente. Per contrastarli esistono svariati approcci incentrati sulle minacce con soluzioni in grado di gestire in modo efficace i vettori di attacco, fornendo protezione in qualsiasi momento e ovunque sia presente una minaccia. Si può per esempio utilizzare la crittografia all’interno del firmware di ogni dispositivo per proteggere i dati più sensibili. Una rete solida e sicura e un rischio di integrazione ridotto portano quello che è forse il vantaggio principale: un più rapido ritorno degli investimenti. Per quanto concerne le architetture di rete, fino a qualche tempo fa i sistemi di controllo remoto si basavano su architetture ‘tradizionali’, ovvero un client statico comunica con un server e crea così un’architettura LAN classica. Con il passaggio al ‘mobile cloud’ l’ambiente applicativo si misura oggi con un sistema più complesso, basato su cicli di vita in ore e giorni e un modello di integrazione continuo e ottimizzato per un’innovazione continua. In questo ambiente, i consolidati paradigmi di rete statici non offrono più un vero valore, soprattutto quando devono adattarsi in tempo reale alle mutevoli condizioni di applicazioni, rete e ambiente aziendale. Oggi la rete deve sapersi adattare in modo trasparente alle nuove esigenze del mercato, caratterizzate da una forte dinamicità. Secondo questa filosofia, l’intera rete aziendale che opera nel contesto del telecontrollo deve essere pronta e adattabile ai concetti di ‘mobile’ e IoT in poche ore, eliminando ogni forma di modifica strutturale e logistica degli elementi che fisicamente compongono la rete. In una singola architettura dovrà essere possibile integrare componenti di rete in grado di adattarsi a qualsiasi esigenza di espansione, aumentando anche la velocità di erogazione del servizio di telecontrollo. In questo modello la rete ‘intelligente’ dovrà agire in base al contesto (ruolo utente, tipo di dispositivo, categoria di applicazione, posizione) per garantire le migliori prestazioni e il più elevato livello di sicurezza per tutti gli elementi interconnessi da monitorare e telegestire. Una di rete di questo tipo non solo offrirà connettività, ma consentirà anche all’IT di ottenere informazioni preziose su dispositivi, app e utilizzo della strumentazione di misura e di campo. Una rete progettata secondo questi criteri sarà più veloce e a bassa latenza, consentendo senza intoppi lo svolgersi di attività come il controllo remoto mediante streaming video proveniente da telecamere industriali o da termocamere. Sarà abbastanza flessibile da supportare nuovi tipi di infrastruttura, come i servizi cloud, senza per questo rinunciare al supporto degli investimenti già sostenuti in termini di firewall, routing e policy di ottimizzazione dei rilasci applicativi. Una rete flessibile e scalabile consente agli operatori in campo di utilizzare diversi dispositivi sul lavoro in modo più efficace, consentendo di adattare le proprie capacità al numero di dispositivi che viene aggiunto e alle nuove esigenze che di volta in volta si presentano”.

Griffini: “Certamente l’apertura delle reti di comunicazione di fabbrica verso l’esterno (reti di ufficio e Internet) comporta un maggiore rischio di intrusioni da parte di hacker o virus informatici. Di conseguenza, sta crescendo la necessità di gestire misure di security più strutturate di quanto non fossero in precedenza. Alcuni protocolli a base Industrial Ethernet si strutturano su una pila standard TCP/IP (UDP/IP), cosa che può verosimilmente determinare alcune vulnerabilità in termini di sicurezza. Al contrario, il protocollo CC-Link IE combina il livello fisico (‘physical layer’) e quello di collegamento dati (‘data-link layer’) della gerarchia ISO/OSI con un protocollo aperto che si estende dal livello di rete (‘network layer’) a quello di applicazione (‘application layer’). Poiché le conoscenze base su questo protocollo sono aperte ma controllate, il rischio di usi non autorizzati da parte di individui esterni a CC Link Partner Association (Clpa, ovvero l’organizzazione dei produttori di articoli compatibili con la tecnologia CC-Link e degli utenti che la adottano) è estremamente ridotto. Inoltre, si possono utilizzare diversi accorgimenti specifici per incrementare il livello di sicurezza delle reti. Nel caso del modulo di interfaccia MES di Mitsubishi, per esempio, dedicato a creare un collegamento tra il controllore e il database centrale, si è deciso di optare per lo sviluppo di un sistema in cui sia prevista l’attivazione delle comunicazioni solo in uscita dal basso. Si realizza così una segregazione dal livello IT centrale e da Internet che protegge il controllore dal rischio di intrusioni esterne”.

Sartori: “Quando si connettono a Internet le stazioni remote oppure le macchine installate presso i clienti finali è fondamentale prendersi cura del tema della cyber security. I benefici di un accesso ai dati tramite Internet permettono ai clienti di prendere delle decisioni più corrette in ottica ad esempio di manutenzione predittiva o accesso diretto alle macchine e gli stessi compensano largamente l’impegno per la gestione della security. La rete Internet non è una rete sicura, pertanto è necessario e consigliabile adottare un’infrastruttura di rete privata per proteggere i dati come delle VPN implementate tramite dei protocolli realmente sicuri come l’OpenVPN e un accesso alle pagine web dei dispositivi remoti con un protocollo sicuro come l’Https”.

Il lavoro fuori sede

F&N: Parliamo di soluzioni a supporto del personale che lavora fuori sede: quali i benefici per l’azienda? In quali settori sono più utili?

Griffini: “I settori che vedono un impiego del lavoro fuori sede sono numerosi e molto vari, a partire da quelli connessi con le infrastrutture, per esempio idriche, elettriche, di comunicazione e trasporto, e l’ambiente, ma anche il settore del building e della logistica, soprattutto per attività come la manutenzione, l’assistenza tecnica e la movimentazione. Le principali resistenze a una maggiore diffusione di questi sistemi sono legate principalmente a due tipi di fattore: un tipo più ‘tecnologico’, al quale fanno capo, per esempio, le preoccupazioni inerenti alla security dei sistemi impiegati e alla disponibilità di una rete discontinua o non sufficientemente ampia; e un tipo che potremmo definire ‘umano’, ovvero l’impossibilità di essere osservatori diretti degli effetti dei propri interventi e il conseguente timore di non riuscire a porre immediato rimedio a eventuali conseguenze impreviste. D’altro canto, questo genere di pratiche sta comunque vivendo uno sviluppo spinto dagli innegabili vantaggi che è in grado di garantire alle aziende in termini di risparmio di tempi e costi operativi e di aumento della produttività, frutto di una velocizzazione delle risposte che riduce i tempi inattivi e permette una costante ottimizzazione delle operazioni”.

Esposito: “Dotare il personale viaggiante di dispositivi che gli consentano l’accesso da remoto ai servizi aziendali può essere conveniente per numerose figure. Si immagini il manutentore o comunque il personale deputato al supporto tecnico, che possa attingere in modo rapido a tutta la documentazione tecnica della macchina sulla quale deve operare e magari fare riferimento anche ad ‘application note’ o video creati appositamente per guidarlo in un intervento sicuro ed efficace. Anche per gli operatori di tipo puramente commerciale, l’accesso diretto per esempio al software gestionale aziendale consente di avere in tempo reale e in modo esaustivo tutte le informazioni relative al cliente che sta visitando (termini di pagamento, fatturato generato, codici storici ecc.) con possibilità di emissione in tempo reale di offerta e/o verifica di disponibilità del prodotto a magazzino. Per la movimentazione/logistica, gli operatori in campo possono essere ‘guidati’ in un’ottimizzazione dei percorsi e possono essere prese in conto necessità particolari o urgenti in tempo reale. Più in generale, il vantaggio innegabile e qualitativo per il personale viaggiante è quello di poter accedere in ogni momento ai dati necessari allo svolgimento efficace e produttivo del proprio lavoro”.

Randieri: “Le nuove tecnologie stanno intensificando la concorrenza e allo stesso tempo stanno rendendo più labili i confini che una volta delineavano chiaramente gli specifici settori industriali. Questo proietterà tutte le aziende operanti nel campo del telecontrollo verso scenari più competitivi. La manutenzione predittiva telegestita, in questo contesto, si sta ritagliando un ruolo sempre più importante nell’industria ‘intelligente’ quale soluzione a supporto del personale che opera nel contesto della manutenzione degli impianti e dei macchinari. L’IoT promette di cambiare il concetto di manutenzione predittiva favorendo l’integrazione con i big data o i sistemi di ‘cognitive computing’, che portano in produzione le opportunità della ‘predictive analysis’ già adottati in certi casi per la ‘predictive maintenance’. La capacità di interpretare gli ambienti di lavoro, della produzione, dell’automazione in forma predittiva non deve fermarsi alla ‘sola’ manutenzione predittiva, ma può estendersi alla versione telegestita, che prevede l’impiego di sensori con capacità IoT, gestiti da remoto, a partire da una centrale operativa. È questo il senso dell’azienda ‘connessa e predittiva’, ovvero di un nuovo modo di vivere l’integrazione tra tutte le componenti aziendali. Intellisystem Technologies sta mettendo a punto una piattaforma software e hardware basata sull’utilizzo di sensori specifici e algoritmi predittivi specifici, che fa leva sulle ultime tecnologie abilitanti in ambito IoT (big data, cloud computing, machine learning). Essa consente di massimizzare l’efficacia delle attività di manutenzione, intervenendo da remoto e riducendo i fermi macchina e i relativi costi di manutenzione. Utilizzando diverse piattaforme cloud e opportuni software, i dati acquisiti dai sensori di campo, installati in remoto, sono trasformati in azioni intelligenti che, dopo un’opportuna analisi, possono offrire alle aziende clienti le indicazioni necessarie per fare lavorare la propria fabbrica al meglio grazie a un aumento di efficienza e produttività. Questo approccio rappresenta un cambio sostanziale nel mondo della manutenzione predittiva, in linea con la tendenza che vede sempre più al centro della ‘value proposition’ non solo il macchinario, ma la sua produttività”.

 

F&N: Quali accorgimenti è bene adottare perché gli strumenti ‘mobile’ siano di vero supporto alla forza lavoro?

Sartori: “Un accorgimento fondamentale da adottare per implementare un servizio realmente utile alla forza lavoro non è l’implementazione di un particolare dispositivo, ma l’adozione di una soluzione completa per permettere la facilità di utilizzo e la velocità dell’integrazione delle stazioni remote anche attraverso protocolli standard, ma allo stesso tempo garantendo tutta la sicurezza dell’accesso e dell’infrastruttura di rete”.

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Tavola Rotonda pubblicata su Fieldbus & Networks N. 89 – Novembre 2016

FieldbusENetworksFieldbus & Networks è uno strumento indispensabile per tutti coloro che progettano o utilizzano bus di campo e reti locali o geografiche in campo industriale o civile. La rivista descrive sia gli ambienti fieldbus customary sia quelli proprietari offrendo quindi una visione d’insieme su argomenti che spaziano dai problemi dei fieldbus utilizzati per collegare sensori e attuatori, alla connessione di unità di controllo, all’interfacciamento fra i dispositivi in campo e i sistemi di monitoraggio e supervisione. Fra i temi specifici, da segnalare l’uso di Web e delle reti intranet nell’automazione industriale e la constructing automation. Fieldbus & Networks, si rivolge agli specialisti della comunicazione in campo industriale, ai system integrator e ai tecnici di produzione.

 

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