Automazione Oggi - September 2016

AO September 2016-4

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Tavola Rotonda

Quarta rivoluzione industriale: benefici per imprese o lavoratori?

2ª Parte

a cura di G. Miragliotta e C. Marchisio

Continuiamo la tavola rotonda che abbiamo pubblicato sul numero di giugno-luglio di Automazione Oggi. Nel numero precedente abbiamo parlato delle professioni più ‘a rischio’ in tema di Smart Manufacturing e da dove si può partire per la trasformazione di un’impresa in un’ottica di Industria 4.0

Abbiamo incontrato alcune aziende del settore ICT e dell’automazione industriale. Ci hanno fornito un’ampia visione di come cambiano le figure professionali a seguito delle nuove tecnologie di Industry 4.0 con alcune indicazioni legate a questa importante trasformazione industriale. Hanno risposto alle nostre domande: Alberto Muritano, CEO di Posytron (www. posytron.com), Francesco Tieghi, responsabile digital marketing ServiTecno (www.servitecno.it), Guido Porro, managing director Euromed Dassault Systemes (www.3ds.com/it/), Cristian Randieri, president & CEO di Intellisystem Technologies (www. intellisystem.it), Michele Dalmazzoni, collaboration & business outcome leader Cisco Italia (www.cisco.com/c/it_it), Giuseppe Biffi, Simatic PLC group manager di Siemens Italia (www. siemens.it), Diego Tamburini, manufacturing industry strategist di Autodesk (www.autodesk.it), Ezio Fregnan, Comau HR training manager (www.comau.com), Giuseppe D’Amelio, IM Solutions & Services director – Information & imaging Solutions di Canon Italia (www.canon.it), Paolo Carnovale, head of product marketing industrial di RS Components (it.rs-online.com), Sophie Borgne, marketing director – Industry di Schneider Electric (www.schneider-electric.it).

 

Automazione Oggi: Quale figura professionale è più adatta a dirigere la trasformazione digitale in un’azienda?

Alberto Muritano: La trasformazione digitale abbraccia la maggior parte delle funzioni e dei processi aziendali, per cui e indispensabile un forte committment del vertice, senza il quale è molto difficile definire una strategia di ampio respiro e tradurla in risultati significativi. Alcuni studi riferiti al contesto italiano hanno evidenziato che solo in 1 caso su 5 il top management ha un atteggiamento proattivo rispetto ai progetti digitali: da qui la strada, preferita da molte imprese, di costruire una task force dove far lavorare insieme i responsabili delle unità produttive, del marketing e dei sistemi informativi, che di norma rappresentano le funzioni piu coinvolte e dove risiedono le competenze necessarie ad avviare i progetti.

Francesco Tieghi: La trasformazione digitale non può e non deve essere attuata da un unico interprete, ma deve essere una scelta consapevole del management avallata e costantemente aggiornata dagli operativi. La classe dirigenziale può dunque indicare la direzione, ma sono coloro che seguono direttamente il processo a dover guidare perchè solo loro hanno conoscenza dell’impianto e sono in grado di interpretare i dati e stabilire le strategie per la trasformazione digitale. La risposta alla domanda dunque e: non una persona, ma un gruppo di lavoro. Se la finalità di una rivoluzione digitale in azienda e quella di permettere a tutti di avere maggiori informazioni e poteri, allora va da se che le figure che devono essere coinvolte debbano provenire da tutti i settori, dalla produzione all’IT.

Guido Porro: Più che di figura professionale, mi riferirei a skill che non possono essere rimpiazzati facilmente dalla trasformazione digitale (robotica, machine learning…) e quindi sono estremamente importanti per gestire tale trasformazione e sempre piu scarse specie se combinate. Ne identifichiamo almeno tre: l’intelligenza creativa, l’intelligenza sociale e la capacita manipolativa degli oggetti. Il lavoro creativo include la possibilità di sviluppare nuove idee e prodotti, facendo leva sull’abilita di identificare le qualità fondamentali dell’esperienza di fruizione del prodotto e servizio da parte del cliente senza avere una ‘funzione obiettivo’ finale da utilizzare o istruzione esplicite. Ci sono umanoidi che possono interpretare la musica e improvvisare una jam session con altri musicisti o programmi che riescono a generare disegni di altissima qualità grafica. Ma la connessione diretta tra i fattori di utilizzo di un prodotto e ‘l’innamoramento’ di questo da parte di un user rimangono ancora un ambito misterioso e pertanto molto ‘umano’. L’intelligenza sociale e altrettanto difficilmente replicabile dalle macchine e come tale, estremamente preziosa in azienda. Richiede un insieme di conoscenze implicite a proposito dei contesti culturali e sociali in cui si opera al punto da essere fonte di confusione anche tra umani. L’ultimo aspetto e forse quello meno aspettato: la capacita di manipolazione o artigianalità intesa come la possibilità di interagire e manipolare un ambiente o un oggetto complesso e non strutturato. Per esempio, manipolare e modificare un oggetto con una chiara comprensione delle sue caratteristiche fisiche, evitando di danneggiarlo e migliorandolo per fasi successive richiede una comprensione difficilmente riproducibile da un software. La nuova figura professionale, oltre ad avere competenze ingegneristiche specifiche, deve mostrare di avere un buon mix delle skill di cui sopra: intelligenza creativa, intelligenza sociale e capacita ‘artigianale’.

Cristian Randieri: L’impatto di Industria 4.0 sulle leadership prevede tempi duri per una serie di posizioni di middle management, che rischiano di essere superate dai nuovi modelli organizzativi che faranno leva su un nuovo stile di leadership orientato all’innovazione. La quarta rivoluzione industriale, che cosi come promette capovolgimenti dell’organizzazione del lavoro e nelle competenze richieste per operai, impiegati, professionisti, avrà sicuramente un impatto sui livelli dirigenziali. I manager sono i potenziali protagonisti di Industry 4.0, sia come esperti funzionali sia come esperti ICT dovranno mettersi in gioco con nuove competenze professionali fornendo una visione strategica, corredata da competenze di coaching e motivazionali e un’autorevolezza tecnica sufficiente per essere considerato anche dai più ostili all’innovazione. Obiettivamente, un profilo molto difficile da trovare poichè le caratteristiche di verticalità della leadership di oggi, difficilmente passeranno a un’orizzontalità complessa da gestire. Per preparare le imprese al salto culturale imposto da Industry 4.0 occorrerebbe una figura nuova ‘il Digital Trasformation Manager’, capace di accompagnare le PMI nel percorso di adeguamento al nuovo modello di sviluppo industriale facendo leva sulla formazione al fine di mutare i propri focus, dalle tradizionali soft skill allo sviluppo di competenze di project/program management, che sostengano la fase di implementazione dei nuovi processi.

Michele Dalmazzoni: La trasformazione digitale ha sicuramente bisogno di una guida tecnologica, ma non si può affrontarla pensando che sia una cosa da demandare solo al responsabile IT e a chi e responsabile della produzione. La trasformazione digitale investe tutti i processi, tutte le linee di business, le operation, la relazione con altre entità, penso ad esempio alla supply chain. Questo significa che la trasformazione digitale va indirizzata in primis dall’alto, dai vertici aziendali, e va portata avanti in modo trasversale.

Giuseppe Biffi: L’introduzione del concetto di Industry 4.0 all’interno dell’impresa passa attraverso un importante cambio culturale che deve essere veicolato e sostenuto dalla proprieta e dal top management e che potrebbe richiedere una rivisitazione dei processi interni. In quest’ottica, noi non vediamo la leadership di un solo dipartimento o funzione, ma una piattaforma collaborativa in cui le diverse esperienze vengano valorizzate e integrate. Come ovvia conseguenza e opportuna una figura di leader con una visione a 360°, in grado di gestire nuove risorse che facciano da ponte fra i diversi ambiti di competenza.

Diego Tamburini: Qualcuno che sappia comprendere molto bene sia gli aspetti produttivi che quelli IT di una smart factory; sappia lavorare con il reparto di ricerca e sviluppo per far si che le informazioni sul prodotto siano nel giusto formato digitale sin dall’inizio del ciclo produttivo; sappia collaborare con l’IT tradizionale per creare interoperabilità con determinate applicazioni come quelle ERP e MES; sappia capire il valore dell’analisi dei dati per sfruttare l’enorme quantità di dati prodotto dal proprio impianto produttivo, e che sappia identificare nuovi processi e opportunità di business che tutto ciò e in grado di generare.

Ezio Fregnan: Più che di un singolo profilo e appropriato parlare di executive, manager e professional dotati di competenze specifiche per guidare la trasformazione digitale di un’azienda. Ci riferiamo quindi a figure professionali, altamente specializzate, capaci di esprimere una visione e guidare il cambiamento organizzativo e tecnologico di un’azienda; dialogare con chi disegna i prodotti e i processi produttivi, per identificare il bisogno e l’opportunità di applicazione delle nuove soluzioni di automazione industriale; contribuire attivamente all’ideazione e allo sviluppo di soluzioni di automazione; garantire una solida governance del progetto e del team coinvolto nel percorso di innovazione.

Giuseppe D’Amelio: Il budget delle iniziative digitali e sempre più spesso gestito dalle funzioni di business. Per questo i processi aziendali devono essere ripensati in chiave digitale direttamente da chi ne ha la responsabilità. Informazioni e immagini sono essenziali in qualsiasi processo e funzione aziendale. Non e difficile immaginare quali siano i risultati di una corretta diffusione interna di tali contenuti. Proprio per l’importanza di tali tecnologie e necessario riuscire a esercitare un buon grado di controllo sui flussi di informazione, in modo da massimizzarne l’efficacia e il riuso. In questo contesto il CIO deve continuare a garantire un adeguato sistema di piattaforme abilitanti al digitale, gestendo allo stesso tempo il sistema informativo esistente con costi ottimizzati, ovvero gestire la bimodalita dell’IT.

Paolo Carnovale: La trasformazione digitale di un’azienda richiede conoscenze specifiche in diversi ambiti e specializzazioni: business strategy, IT, Big Data, integrazione di sistemi industriali e processi di produzione. Il modo migliore e quello di creare un team di digital innovation che, con un’elevata autonomia, contenga tutte queste expertise. L’autonomia operativa e un fattore essenziale per evitare che la trasformazione sia rallentata o inibita dai processi aziendali esistenti che non sono stati concepiti per essere ‘digital centric’.

 

A.O.: Assumere nuove persone competenti sul tema potrebbe essere di aiuto per la trasformazione. Quale profilo scegliere? Quali sono le competenze richieste?

 

Muritano: Meno del 10% delle aziende italiane ritiene di avere al proprio interno un know-how adeguato ad affrontare la trasformazione digitale. L’inserimento in un ‘digital champion’ dall’esterno può senza dubbio dare degli stimoli all’organizzazione e accelerare il cambiamento, a volte pero l’integrazione della nuova persona può risultare più lenta o complessa del previsto, soprattutto dove la cultura aziendale e molto tradizionale, con processi radicati e metodi di lavoro che tendono a essere rigidi. Ecco perchè molte realtà scelgono di affidarsi a un partner esperto e qualificato, come la nostra digital e software factory, che riesce non soltanto a portare avanti i singoli progetti, ma soprattutto a costruire una strategia digitale a tutto tondo con cui cogliere appieno le potenzialità di crescita e innovazione delle nuove tecnologie.

Tieghi: E’ facile comprendere come la generazione dei nativi digitali potrà dare la spinta decisiva per il completamento di questa rivoluzione industriale: a partire dai dispositivi wearable (che cominciano ad essere accettati e utilizzati con profitto anche dalla generazione precedente), all’utilizzo di piattaforme in cloud per la storicizzazione dei dati a un’innata propensione alle ultimissime tecnologie, e facile capire come l’avanzamento nelle gerarchie aziendali delle nuove leve possa essere un volano della trasformazione digitale. Ci si e lamentati per anni della scarsa formazione che le università fornivano agli studenti, catapultati in un mondo del lavoro distante da loro anni luce. Oggi la tendenza e invertita, e spesso sono piccole start up nate dai vari dipartimenti di elettronica, informatica e meccanica ad alimentare concetti e progetti legati a digitalizzazione, IoT e Industrial Internet.

Randieri: L’Industria 4.0 richiede competenze trasversali e flessibili, difficili da trovare, più rintracciabili nelle capacità del singolo, che non nelle qualifiche formali, date da titoli di studi, certificazioni e posizioni gerarchiche. Per esempio, servirà un informatico non tanto certificato su una specifica piattaforma hardware, ma che abbia una forte esperienza su più fronti e sia disponibile a cambiare in modo naturale e flessibile. Tutto ciò è possibile solo se si riqualifica la forza lavoro con programmi specifici sul digitale non solo in aula, ma anche on the job, per esempio mostrando gli effetti della realtà aumentata grazie all’aiuto delle più moderne tecnologie. Tutto ciò non è sufficiente se non si attua una pianificazione strategica della forza lavoro mappando le competenze del capitale umano e, con sistemi previsionali, proporre soluzioni di mobilità interna, di formazione per colmare gap di competenze, di piani di sviluppo, di outsourcing e insourcing, a seconda dei bisogni e del capitale umano presente all’interno dell’azienda. Secondo quanto sostiene The Boston Counsulting Group (BCG) nello studio ‘How Will Technology Transform the Industrial Workforce Through 2025?’, analizzando 23 aziende manifatturiere tedesche si è posto il problema di valutare quali siano le nuove competenze richieste e come interagiscano fra loro tecnologie, uomini e macchine. Lo scenario emerso ci fa capire che la più profonda trasformazione non riguarderà uno spodestamento del capitale umano ma piuttosto enfatizzerà un’assistenza della tecnologia al lavoro dell’uomo. Nello studio si fa l’esempio dei tecnici di manutenzione che, aiutati da sistemi di controllo da remoto, potranno intervenire sugli impianti in modo più efficiente, individuando tempestivamente il guasto ordinando i pezzi di ricambio. In questo modo, grazie ai sistemi digitali, si ottimizzano i tempi di lavoro per il manutentore a favore di una drastica riduzione dei fermi macchina per i clienti. Con una proiezione da oggi a 10 anni lo studio presenta lo scenario su quello che sarà il bilanciamento tra ruoli e funzioni nel 2025. Per le aziende che adotteranno l’Industria 4.0 si prevede un incremento aggiuntivo di produttività dell’1% annuo e una crescita dei posti di lavoro del 5%, confrontata con l’attuale forza lavoro di 7 milioni nelle aziende analizzate. Se da un lato è vero che si perderanno 610 mila posti di lavoro nelle funzioni di assemblaggio e produzione con un maggiore uso di computerizzazione e automazione, tuttavia saranno necessari 910 mila posti di lavoro in più legati a competenze IT, analytic e ricerca e sviluppo da un lato (210.000), e dall’altro nei ruoli resi necessari dalla crescita delle aziende. Si prevede che in Germania la richiesta di operatori informatici e di data integration raddoppierà: i data scientist, che sono la figura più nuova insieme ai robot coordinator, saranno quelli che cresceranno di più con 70.000 nuovi posti di lavoro e 40.000 i primi. Infine, se ci sarà una perdita di posti di lavoro del 4% nella produzione (-120 mila), e dell’8% nel controllo qualità (-20.000), tuttavia ci sarà una crescita del 7% nella manutenzione dei sistemi (10.000). Nonostante questi dati confortanti, risulterebbe che nel 2025 anche in Germania mancheranno 120.000 ingegneri informatici per rispondere alle nuove esigenze della Industria 4.0, con una richiesta di maggior coordinamento tra scuola, università e impresa.

Dalmazzoni: Certamente le aziende produttive avranno sempre più bisogno di figure specializzate in area tecnologica, dall’esperto di rete al professionista del Big Data, analytic. Più che mettere un focus sui profili da scegliere, che sono comunque in continua evoluzione, vorrei evidenziare un’altra strada molto proficua a nostro parere per la trasformazione digitale: la strada della cosiddetta co-innovazione. Un’azienda che voglia trasformarsi con il digitale può guardare in primis al suo territorio e ricercarvi le realtà e le reti in grado di supportarla nell’innovazione: imprese innovative, centri di ricerca, università. L’innovazione può essere portata in azienda attraverso uno scambio tra tutte queste realtà, con progetti che mettano a fattor comune le risorse: in questo modo si possono portare in azienda competenze estremamente specifiche e creare una contaminazione che permette di avviare il processo di trasformazione digitale in modo più rapido.

Biffi: Lo sviluppo di competenze trasversali e l’abbattimento delle barriere tra parte elettrica, meccanica e IT sono passi fondamentali nel processo di digitalizzazione dell’impresa. Il concetto di integrated engineering richiede un approccio multisettoriale che fino a poco tempo fa non era diffuso nelle università italiane. Il contributo delle imprese leader di mercato che si fanno portabandiera di Industry 4.0 e fondamentale in questo senso. Siamo intervenuti in modo attivo proponendo al Politecnico di Milano dei percorsi formativi specifici che vanno esattamente in questa direzione, sia in qualità di partner di eccellenza per le aziende che intendono adottare Industry 4.0, ma soprattutto come azienda che ha implementato con successo questo stesso modello nelle proprie fabbriche, specificamente nel polo produttivo di Amberg dove produciamo i prodotti della famiglia Simatic.

Tamburini: A parte quanto già detto in precedenza, oltre alla piena comprensione dei processi produttivi e i dispositivi, le aziende hanno bisogno di forti competenze IT (networking, protocolli di comunicazione e trasporto, sviluppo e implementazione software) e capacita di analisi dei dati.

Fregnan: La ricerca di profili altamente specializzati e fondamentale per co-adiuvare il processo di trasformazione. Comau ha intrapreso questo percorso già da tempo, attraverso diversi programmi di training e in particolare il master biennale di secondo livello in Industrial Automation, organizzato dalla Comau Academy e dal Politecnico di Torino. Gli studenti, provenienti dalle migliori Università di tutto il mondo, vengono assunti da Comau fin dal primo giorno di corso. Il master in industrial automation rappresenta quindi non solo una opportunità formativa, ma una vera e propria esperienza di lavoro. Partendo dal primo biennio, che ha preso il via nel 2012, siamo già arrivati alla quinta edizione del master che e stata inaugurata lo scorso gennaio. Nell’arco di questi anni più di 90 studenti, in arrivo da oltre 10 Paesi diversi (Argentina, Cina, Colombia, Egitto, Francia, India, Iran, Italia, Polonia, Romania, Spagna, Venezuela), hanno partecipato a questo percorso di formazione e lavoro, tenuto interamente in lingua inglese. I partecipanti, impegnati in sessioni di aula e nello sviluppo di un project work, sono stati inseriti nelle funzioni aziendali di project management, engineering, purchasing, marketing, supply chain, quality e manufacturing.

D’Amelio: Le capacita richieste sono in certi casi ancora ambigue, non pienamente codificate e difficili da reperire internamente. Assumere risorse giovani, con brevi esperienze nel mercato e master specializzati e un modo per portare competenze inedite, freschezza e nuove vision all’interno dell’azienda. Una competenza a nostro avviso molto importante e la capacita di analizzare i dati, che in misura sempre maggiore vengono raccolti e si riversano nelle aziende. I leader del futuro devono essere capaci di studiare i dati nel modo giusto, perchè le aziende diventeranno sempre più complesse e interconnesse. Una professione emergente e quella del data scientist, un profilo caratterizzato da figure tecniche e funzionali con forti competenze statistiche e Big Data analysis. Si tratta di individui capaci di utilizzare, configurare e personalizzare le piattaforme tecnologiche, per analizzare le informazioni interne ed esterne all’azienda, siano esse strutturate o non strutturate, come video provenienti da telecamere interconnesse in rete. Il loro scopo e quello di proporre azioni a supporto delle operation. Per le aziende e ancora difficile individuare singole persone in grado di incarnare questo ruolo. E’ più facile comporre un team con persone che coprano diverse competenze, da quelle tecniche necessarie per la raccolta e gestione dei dati, a quelle statistiche e di interpretazione dei dati stessi in rapporto agli obiettivi di business. La forza di iniziative come le survey o contest interni (officina delle idee) possono moltiplicare l’effetto positivo.

Sophie Borgne: Assumere persone competenti può certamente essere utile. Un esempio chiarissimo a questo proposito e rappresentato dalla questione della cybersecurity. In fabbrica la sicurezza fino a poco tempo fa era sinonimo di sicurezza fisica. Pensando alla produzione come a un ambiente chiuso, il concetto di protezione dei sistemi da intrusioni, perdite di dati, errori assumeva contorni piuttosto familiari; ora non e piu cosi e se da un lato i vendor di soluzioni per l’industria devono proporre offerte in cui la cybersecurity sia nativamente integrata, dall’altro per le aziende industriali puo essere utile assicurarsi che il personale adatto abbia maggiori competenze in questo ambito e che nella gestione della propria struttura IT e produttiva vi sia una consapevolezza comune dell’importanza di questo ambito introducendovi professionisti specializzati.

 

A.O.: Le università sono attive nel formare esperti su queste nuove professioni? Come si devono attivare?

Muritano: In Italia non mancano gli atenei e le facoltà dove si possono maturare le competenze digitali necessarie alle aziende. Abbiamo deciso di fare la nostra parte, mettendo al servizio dei più giovani l’esperienza che abbiamo accumulato negli anni. Nel 2001 abbiamo fondato una scuola di formazione specializzata sui temi dell’ICT che e cresciuta fino a diventare Posytron Digital Academy: oggi proponiamo un ampio catalogo di corsi di alta formazione universitaria per diplomati e laureati che vogliono diventare esperti di programmazione web e mobile, social media marketing e, piu in generale, qualificarsi per trovare lavoro nel mercato digitale. Le lezioni si svolgono presso le nostri sedi di Milano, Reggio Calabria e, su richiesta, in qualsiasi altra città italiana, offrendo anche la possibilità di acquisire crediti formativi universitari (CFU).

Tieghi: Le università (o almeno alcune di loro) sono già molto avanti nel processo di formazione di figure adatte al ‘nuovo’ mondo del lavoro: viene da pensare che forse sono le imprese a dover guardare agli atenei e cogliere le occasioni che essi propongono. Solo a titolo esemplificativo, basti pensare che il Politecnico di Milano ha 10 progetti di ricerca attivi solo in ambito smart city (che spaziano da progetti in ambito salute, alla gestione dei rifiuti, etc…), altri 15 in ambito cluster tecnologici nazionali (di cui 2 in ambito smart manufacturing), senza considerare i progetti EU ai quali partecipano con ottimi risultati i diversi gruppi di studio. Addirittura PoliMi propone corsi di aggiornamento per le aziende o possibilità di collaborazione che molte grandi imprese già hanno preso in considerazione. Tutto questo solo nella sede del Politecnico di Milano. Anche presso la facoltà di Ingegneria di Roma Tre sono attivi corsi e programmi di ricerca sulle innovazioni indotte da IIOT e Fabbrica 4.0 per preparare i loro studenti per le nuove prossime opportunità professionali.

Porro: Le università hanno di fronte una opportunità eccezionale. Anche in contesti di riduzione dei budget allocati, possono far leva su tecnologie relativamente poco costose che offrono a studenti e ricercatori lo stato dell’arte della tecnologica, fino a qualche tempo fa solo appannaggio di grandi corporation. Abbiamo contatti diretti con le migliori università tecniche italiane e il clima e molto favorevole: ci mostrano con orgoglio i loro laboratori di sviluppo di system engineering, additive manufacturing, robotica sperimentale e ci chiedono sempre di più partnership di lungo periodo in cui la componente applicativa e pratica diventa rilevante. Il focus non e più solo sul semplice (e pur necessario) studio per la pubblicazione, ma anche e soprattutto, il successo delle iniziative accademiche si misura sull’impatto di queste sui territori industriali in cui e immersa l’università, la capacità di creare profili ‘appetibili’ per le aziende, lo sviluppo di tecnologie a supporto del vantaggio competitivo di interi settori industriali. Questi sono gli ingredienti per il successo dell’interazione tra accademia e imprese. Ci pare si stia andando nella giusta direzione.

Randieri: Oggi assistiamo al paradosso che da un lato vede una tecnologia sempre più matura e in grado di supportare questa nuova rivoluzione industriale e dall’altro l’incapacità di molte aziende ad appropriarsi delle competenze necessarie per pilotare il cambiamento. Il nodo cruciale del successo consiste nell’acquisire le competenze necessarie e indispensabili per non farsi travolgere da questo cambiamento. Le competenze andranno aggiornate costantemente avviando corsi di riconversione laddove necessario. L’economia delle idee dovrà partire dalla formazione scolastica e universitaria, preparando gli studenti di oggi per farli diventare specialisti dell’innovazione nelle imprese, in grado di portare nuove iniziative sfruttando al massimo questa occasione storica. A differenza delle rivoluzioni industriali precedenti, che hanno impiegato decenni a modificare gli assetti nel mercato del lavoro, l’Industria 4.0 avrà un impatto rapidissimo. Un modello di Industria 4.0, caratterizzato da un elevato grado di innovazione e sviluppo/ trasferimento tecnologico, deve poter contare su capitale umano qualificato e investire sulle competenze. A livello universitario, è essenziale potenziare la formazione nelle materie STEM all’interno delle Università e individuare programmi e modalità per rendere maggiormente attrattivi questi insegnamenti agli studenti. Ciò è, altresì, di fondamentale importanza per creare quelle competenze che rispondano adeguatamente alla domanda delle imprese che vogliano realizzare investimenti privati in ricerca e innovazione. Il modello universitario dovrebbe favorire l’aggregazione in rete degli studenti poichè rappresenta oggi l’unico mezzo in grado di sostenere il processo di digitalizzazione delle imprese manifatturiere grazie ad alcuni vantaggi specifici sui quali fare leva per formare i manager pronti a sostenere la sfida di Industria 4.0: la capacita di ‘fare massa critica’ e rimanere sempre aggiornati sullo stato d’arte della tecnologia e migliorare le competenze acquisiste, la possibilità di condividere standard, linee guida, strumenti con un linguaggio comune, la condivisione delle risorse umane necessarie per adeguarsi ai nuovi standard, l’opportunità di sviluppare soluzioni innovative nel campo dell’informatizzazione dei prodotti e dei processi specifici per la realizzazione del programma comune di rete e la possibilità di sviluppare documentazione e formazione comune per il personale delle aziende della rete. Tutto questo non basta. Sulla base di questi presupposti è indispensabile che in Italia venga riqualificata la figura del ricercatore universitario che dovrà essere inserito all’interno dei gruppi di lavoro aziendali. Purtroppo nel nostro paese queste figure sono poco valorizzate e nella maggior parte delle volte vengono fatte fuggire all’estero regalando ‘capitale umano’ ad altri stati. Io in primis ho vissuto questa esperienza poichè in passato sono stato uno dei tanti comprovati ricercatori universitari italiani ‘eliminati’ dal sistema Italia che con coraggio e orgoglio anziché emigrare si è rimboccato le maniche e ha fondato la propria azienda nel Sud Italia.

Fregnan: Mondo accademico e professionale lavorano sempre più di frequente in sinergia per rispondere in modo appropriato alle sfide del futuro. Università, business school e aziende stanno infatti creando veri e propri network capaci di selezionare e formare queste nuove figure professionali. I continui mutamenti sociali ed economici a livello globale impattano sui sistemi produttivi delle aziende di manufacturing e richiedono lo sviluppo di nuovi skill specifici. Per rimanere competitive, le aziende hanno necessita di rispettare tempi sempre più rapidi di progettazione, sviluppo e implementazione di soluzioni di Industrial Automation. Una risposta concreta a queste esigenze e rappresentata, ad esempio, dal nuovo master in Automation & Digital Manufacturing, realizzato da Comau Academy ed ESCP – Europe Business School, in collaborazione con il Politecnico di Torino e TUM – Technische Universitat Munchen. Il master, la cui prima edizione prenderà il via a gennaio 2017, mira a formare i migliori professional ed executive nell’ambito dell’Automation & Digital Manufacturing Management. Si articola in un percorso di un anno part-time, all’interno del quale e possibile acquisire competenze tecniche e manageriali necessarie per ideare, realizzare e gestire i prodotti, i sistemi e le soluzioni di automazione industriale. L’offerta formativa prevede 5 sessioni di aula, in 3 diversi Paesi (Italia, UK, Germania), moduli in distance learning (e-learning e webinar) e un project work orientato sui temi dell’automazione industriale, che verra svolto direttamente all’interno dell’azienda (le iscrizioni sono aperte, per maggiori informazioni e possibile visitare il sito: http://www.comau.com/en/comau-academy/young-talents/master-industrial-automation management)

D’Amelio: Le università italiane formano eccellenti professionisti, con un’interessante offerta di master specialistici e di Osservatori focalizzati sullo smart manufacturing e sulle tecnologie dedicate all’Industria 4.0. L’incremento di stage e di collaborazioni con le aziende di tecnologia può portare a una costante e frequente trasmissione di know how.

Carnovale: Come menzionato in precedenza, l’analisi e l’interpretazione della grande mole di dati acquisibile attraverso i sistemi IoT richiede la formazione di ‘data scientist’ con conoscenze sia di statistica applicata al mondo digitale sia di processi industriali. La creazione di corsi di statistica applicata al mondo industriale (e digitale) potrebbe agevolare lo sviluppo dello smart manufacturing in Italia.

Borgne: Per quanto riguarda i percorsi formativi, noi abbiamo un’ampia visibilità del panorama italiano grazie a una collaborazione che storicamente ci vede presenti in scuole e università per favorire una formazione aderente alle richieste del mercato del lavoro e consapevole dei cambiamenti in atto. Le nostre università formano giovani molto preparati nelle aree ingegneristiche, informatiche, gestionali, le cui competenze sono destinate a trovare un’integrazione sempre maggiore. Sicuramente coltivare un rapporto fertile con le aziende che guidano la trasformazione digitale del settore industriale, in un’ottica di scambio di know-how e opportunità di studio, è molto importante.

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Tavola Rotonda pubblicata su Automazione Oggi N. 392 – Settembre 2016 – Anno 32

AutomazioneOggiÈ il mensile dedicato al mondo dell’automazione industriale e delle relative tecnologie. Oltre a fornire rigorose e dettagliate informazioni su prodotti hardware e software, componenti, applicazioni, Automazione Oggi segue da vicino il mercato con inchieste, analisi e tavole rotonde. Propone a scadenze regolari l’appuntamento con le “Guide”, i supplementi monotematici di approfondimento settoriale dell’offerta disponibile sul mercato industriale italiano. L’inserto “e-@utomation”, dedicato all’integrazione tra impresa e produzione, completa la copertura del target di riferimento offrendo una panoramica sulle più innovative tecnologie e metodologie di gestione integrata dei processi aziendali. Automazione Oggi si rivolge soprattutto alla direzione tecnica aziendale, ai progettisti, ai system integrator, ai costruttori e agli utilizzatori di macchine e impianti automatici, ai direttori e ai tecnici di produzione, I.T. manager e responsabili controllo qualità operanti nei vari settori manifatturieri. Distribuita in abbonamento e mailing list.

 

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